DOPO LA CROCE
Molti, cristiani e non cristiani, o cristiani scristianizzati, scettici laici ed atei, si chiedono a cosa sia servito il sacrificio di Cristo sulla croce, visto che a duemila e rotti anni dal suo passaggio sulla terra, niente è cambiato quaggiù, la predicazione del figlio di dio non si è realizzata e l’ingiustizia, l’odio e la violenza seguitano ad essere mali endemici su questa terra, ed anzi le cose sono peggiorate per via di tanti fattori sopraggiunti.
- Che se lo chieda un cristiano, passi, ma un non cristiano che se lo chiede a fare? Dice Chiara, polemicamente ma non troppo: sa bene quale sia la risposta.
- Ché Cristo forse non sapeva quello che sarebbe successo dopo la sua morte e resurrezione? -risponde Maurizio. - Nel disegno divino anche questo doveva essere compreso. D’altro canto possiamo sapere noi quando avverrà la seconda venuta di Cristo sulla terra, quella parusia promessa per la salvezza dell’umanità? Forse c’è ancora tempo perché la predicazione di Gesù arrivi al cuore di tutti. Altrimenti dovremmo ritenere che egli sapesse di stare facendo un sacrificio inutile. Io rifletterei un attimo su questa presunta inutilità. Ci sono di mezzo due millenni di storia dell’umanità, sui quali la religione che da lui prende nome ha inciso non poco ed ora non possiamo sapere cosa ne sarebbe stato del mondo se lui non avesse fatto quella scelta.
- Alcuni dicono la finanza, le banche, il potere globale, le lobby, ed io aggiungo, per completare l’opera, la congiura cripto-masso-sionista-catto-plutocratica, sono le forze malefiche che ne hanno impedito la realizzazione, prendendone addirittura il posto, per cui oggi la Chiesa rappresenterebbe tutto ciò.
La scena si apre su una città in festa: dappertutto risuona il clamore delle voci, lo sventolare delle palme agitate dai festanti, la carovana di fedeli che lo accompagna diventa sempre più fitta e più lunga, gli apostoli che sono intorno a lui fanno fatica a contenere l’entusiasmo degli abitanti di Gerusalemme e del contado, riunitisi per condurlo al tempio, dove il re dei re parlerà al popolo .Tutti lo vogliono vedere e toccare.
Quivi giunti, la folla ristà e Gesù è visto, maestoso e splendente, la testa bionda e la barba a due punte salire lentamente le scale del grande palazzo ed entrare tra le colonne di marmo del luogo solenne.
Nonostante il generale tripudio, egli è triste. Sa che Gerusalemme è l’ultima meta del suo pellegrinaggio. Là si fermerà il suo andare. Là si compirà il suo destino.
Entrato, vedendo il luogo sacro divenuto sede di commerci e scambio di denaro, con un mazzo di funi che prende da un banco, scaccia i mercanti e i cambiavalute ed inizia a parlare come non avveniva più da tempo in quel luogo. La folla ascolta entusiasta con grande interesse. Le sue parole scorrono come un fiume, non finiscono mai. Passano le ore, la folla si rinnova in continuazione, egli ha parlato tutto il giorno e la gente che non lo conosceva si chiedeva “Chi è costui che ha tanta sapienza?” “egli è il profeta”.
Esce dal tempio a notte, e si dirige verso Betania, la sua meta preferita, dove vivono Marta e Maria, le sorelle di Lazzaro il risorto e dove si trova anche la casa di Simone il lebbroso. Quivi una sera, dopo cena, una donna lo cosparge con un olio profumato, ci sono tendenziosi che trovano da ridire, quell’olio si sarebbe potuto vendere per dare il ricavato ai poveri. Ma egli li fa tacere: “Questa donna è stata gentile con me, voi non capite. Ha profumato il mio corpo come si fa con un morto”. Le sue parole sanno di un addio sconsolato, non per sé, ma per quelli che non intendono: “I poveri li avrete sempre con voi. Me non sempre mi avrete”. L’idea della morte grava sempre di più sul suo animo. E gli altri, i duri di cuore, rimarranno soli e non capiranno nemmeno quello che avverrà in seguito. Dopo queste parole, Gesù esce e si ritira in un orto, chiamato Getsemani, dove prega disperatamente in profonda comunione con il Padre:
“Allontana da me se puoi l’amaro calice, ma se non puoi, non la mia volontà sia fatta, ma la tua”. Al termine di una lunga notte angosciosa, la decisione è presa; porterà a termine la sua missione, anche se la parte umana che era in lui, l’uomo in carne ed ossa, vi si ribellava ed egli aveva dubitato, ma alla fine lo spirito aveva avuto il sopravvento ed egli ora era pronto al martirio.
I dottori della legge, consapevoli del fatto che il trionfo di Gesù avrebbe comportato la loro rovina, complottano contro di lui, e decidono di denunciarlo, non senza aver fatto prima una campagna denigratoria contro di lui. E il popolo, facile preda di confabulatori e mestatori, lo abbandona.
Siamo alle battute finali: “Ecce homo!”. Gesù appare al balcone, coperto di sangue per le frustate ricevute. Ponzio Pilato, il governatore romano, così lo mostra al popolo, nella speranza che tanto sia sufficiente a placare la sete di odio e violenza inoculato in quella massa senza cervello dai mestatori di sempre. Sa che Gesù è innocente, ma egli ha l’unica preoccupazione di mantenere l’ordine pubblico tra quella folla di disperati turbolenti Ed è costretto a prendere atto che invece la folla imbestialita non si accontenta di così poco, vuole il sacrificio umano, vuole Gesù morto per croce. Tra Gesù innocente e Barabba, ladro e assassino, la folla sceglie il reprobo e il cuore dei poveri, i più vicini a Gesù, sanguina. Gesù è ebreo, è una questione tra ebrei, che se la vedessero loro e il romano se ne lava le mani; la sue non saranno sporche di sangue innocente. La tremenda condanna seguirà il suo corso fino alla fine, nel vortice di una ineluttabile cecità che sembra aver colto tutti gli attori del dramma. Il mondo intero si oscurerà sul Golgota, ma non sarà abbastanza. Il peggiore dei delitti è stato commesso, ancora una volta l’innocenza è calpestata, l’ingiustizia trionfa.
La notte è scesa su Gerusalemme e sul mondo ed il mattino è ancora lontano.”
- Qui finisce il racconto e comincia la Pasqua dei cristiani.
- Credi tu, Chiara, che sia sostenibile che per un miliardo e mezzo di credenti, niente ci sia oltre la croce? Solo edonismo e consumismo, banche e poteri occulti? –
- Lasciami pensare…- Chiara finge di meditare sul quesito postole dal suo amico e compagno. - domani dovrò comprare l’uovo di cioccolato per Speranza, la mia nipotina di quattro anni; non debbo dimenticarlo, mi dispiacerebbe che la piccola rimanesse delusa!
- Che se lo chieda un cristiano, passi, ma un non cristiano che se lo chiede a fare? Dice Chiara, polemicamente ma non troppo: sa bene quale sia la risposta.
- Ché Cristo forse non sapeva quello che sarebbe successo dopo la sua morte e resurrezione? -risponde Maurizio. - Nel disegno divino anche questo doveva essere compreso. D’altro canto possiamo sapere noi quando avverrà la seconda venuta di Cristo sulla terra, quella parusia promessa per la salvezza dell’umanità? Forse c’è ancora tempo perché la predicazione di Gesù arrivi al cuore di tutti. Altrimenti dovremmo ritenere che egli sapesse di stare facendo un sacrificio inutile. Io rifletterei un attimo su questa presunta inutilità. Ci sono di mezzo due millenni di storia dell’umanità, sui quali la religione che da lui prende nome ha inciso non poco ed ora non possiamo sapere cosa ne sarebbe stato del mondo se lui non avesse fatto quella scelta.
- Alcuni dicono la finanza, le banche, il potere globale, le lobby, ed io aggiungo, per completare l’opera, la congiura cripto-masso-sionista-catto-plutocratica, sono le forze malefiche che ne hanno impedito la realizzazione, prendendone addirittura il posto, per cui oggi la Chiesa rappresenterebbe tutto ciò.
- Parliamo di cose serie e torniamo alla passione; questo è il tempo della passione. Non conta credere o non credere. Questi sono i giorni più intensi dell’anno. C’è un grande mistero che ci avvolge e noi vogliamo viverlo. – l’appassionato pensiero di Chiara.
Maurizio prende dal tavolo un
foglietto e comincia a leggere:
“Siamo all’epilogo di una tragedia umana: nell’immaginario dei fedeli, Cristo è entrato in Gerusalemme, preceduto dalla sua fama ed accolto trionfalmente fin sulla porta della città, da una folla di gente osannante, che spandeva un tappeto di palme e di ramoscelli di ulivo sul terreno dove sarebbe passato l’asinello sul quale viaggiava umilmente il figlio di Dio.La scena si apre su una città in festa: dappertutto risuona il clamore delle voci, lo sventolare delle palme agitate dai festanti, la carovana di fedeli che lo accompagna diventa sempre più fitta e più lunga, gli apostoli che sono intorno a lui fanno fatica a contenere l’entusiasmo degli abitanti di Gerusalemme e del contado, riunitisi per condurlo al tempio, dove il re dei re parlerà al popolo .Tutti lo vogliono vedere e toccare.
Quivi giunti, la folla ristà e Gesù è visto, maestoso e splendente, la testa bionda e la barba a due punte salire lentamente le scale del grande palazzo ed entrare tra le colonne di marmo del luogo solenne.
Nonostante il generale tripudio, egli è triste. Sa che Gerusalemme è l’ultima meta del suo pellegrinaggio. Là si fermerà il suo andare. Là si compirà il suo destino.
Entrato, vedendo il luogo sacro divenuto sede di commerci e scambio di denaro, con un mazzo di funi che prende da un banco, scaccia i mercanti e i cambiavalute ed inizia a parlare come non avveniva più da tempo in quel luogo. La folla ascolta entusiasta con grande interesse. Le sue parole scorrono come un fiume, non finiscono mai. Passano le ore, la folla si rinnova in continuazione, egli ha parlato tutto il giorno e la gente che non lo conosceva si chiedeva “Chi è costui che ha tanta sapienza?” “egli è il profeta”.
Esce dal tempio a notte, e si dirige verso Betania, la sua meta preferita, dove vivono Marta e Maria, le sorelle di Lazzaro il risorto e dove si trova anche la casa di Simone il lebbroso. Quivi una sera, dopo cena, una donna lo cosparge con un olio profumato, ci sono tendenziosi che trovano da ridire, quell’olio si sarebbe potuto vendere per dare il ricavato ai poveri. Ma egli li fa tacere: “Questa donna è stata gentile con me, voi non capite. Ha profumato il mio corpo come si fa con un morto”. Le sue parole sanno di un addio sconsolato, non per sé, ma per quelli che non intendono: “I poveri li avrete sempre con voi. Me non sempre mi avrete”. L’idea della morte grava sempre di più sul suo animo. E gli altri, i duri di cuore, rimarranno soli e non capiranno nemmeno quello che avverrà in seguito. Dopo queste parole, Gesù esce e si ritira in un orto, chiamato Getsemani, dove prega disperatamente in profonda comunione con il Padre:
“Allontana da me se puoi l’amaro calice, ma se non puoi, non la mia volontà sia fatta, ma la tua”. Al termine di una lunga notte angosciosa, la decisione è presa; porterà a termine la sua missione, anche se la parte umana che era in lui, l’uomo in carne ed ossa, vi si ribellava ed egli aveva dubitato, ma alla fine lo spirito aveva avuto il sopravvento ed egli ora era pronto al martirio.
I dottori della legge, consapevoli del fatto che il trionfo di Gesù avrebbe comportato la loro rovina, complottano contro di lui, e decidono di denunciarlo, non senza aver fatto prima una campagna denigratoria contro di lui. E il popolo, facile preda di confabulatori e mestatori, lo abbandona.
Siamo alle battute finali: “Ecce homo!”. Gesù appare al balcone, coperto di sangue per le frustate ricevute. Ponzio Pilato, il governatore romano, così lo mostra al popolo, nella speranza che tanto sia sufficiente a placare la sete di odio e violenza inoculato in quella massa senza cervello dai mestatori di sempre. Sa che Gesù è innocente, ma egli ha l’unica preoccupazione di mantenere l’ordine pubblico tra quella folla di disperati turbolenti Ed è costretto a prendere atto che invece la folla imbestialita non si accontenta di così poco, vuole il sacrificio umano, vuole Gesù morto per croce. Tra Gesù innocente e Barabba, ladro e assassino, la folla sceglie il reprobo e il cuore dei poveri, i più vicini a Gesù, sanguina. Gesù è ebreo, è una questione tra ebrei, che se la vedessero loro e il romano se ne lava le mani; la sue non saranno sporche di sangue innocente. La tremenda condanna seguirà il suo corso fino alla fine, nel vortice di una ineluttabile cecità che sembra aver colto tutti gli attori del dramma. Il mondo intero si oscurerà sul Golgota, ma non sarà abbastanza. Il peggiore dei delitti è stato commesso, ancora una volta l’innocenza è calpestata, l’ingiustizia trionfa.
La notte è scesa su Gerusalemme e sul mondo ed il mattino è ancora lontano.”
- Qui finisce il racconto e comincia la Pasqua dei cristiani.
- Credi tu, Chiara, che sia sostenibile che per un miliardo e mezzo di credenti, niente ci sia oltre la croce? Solo edonismo e consumismo, banche e poteri occulti? –
- Lasciami pensare…- Chiara finge di meditare sul quesito postole dal suo amico e compagno. - domani dovrò comprare l’uovo di cioccolato per Speranza, la mia nipotina di quattro anni; non debbo dimenticarlo, mi dispiacerebbe che la piccola rimanesse delusa!
Caro Bruno, ma in che senso muore e poi risorge una persona che, secondo la dottrina cristiana, è consustanziale col Padre? Aver voluto elevare Gesù al rango stesso di Dio ne ha, con ogni probabilità, reso per molti versi incomprensibile la vicenda umana, memorabile e degna di essere tramandata quant'altre mai, finendo per renderne oggi sempre meno fecondi gli stessi insegnamenti, che non hanno pari nella storia (fatto salvo, Aristotele, magari ;-)) e potrebbero essere realmente fonte di luce e di salvezza per l'umanità.
RispondiEliminaNon so se sia questa la sede più consona ma, come si dice, l'occasione mi è comunque propizia per augurare una felice Pasqua a te, ai tuoi cari e ai nostri amici Chiara a Maurizio.
Caro Valter, convengo su quanto dici a proposito del fatto che per aver voluto elevare Gesù al rango di Dio, si è persa buona parte del suo insegnamento umano. Un ringraziamento particolare per gli auguri pasquali che contraccambio con piacere. Chiara e Maurizio ci tengono a farti sapere di aver gradito molto il tuo accattivante saluto esteso anche a loro; si sentivano un po' trascurati. Buona Pasqua a tutti.
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