SCARTABELLARE

Nel repertorio di Totò, quello delle origini, c’è uno sketch che è stato uno dei suoi cavalli di battaglia, eseguito per tutta la vita, soprattutto in teatro, ma anche al cinema, sempre con grande successo, nel quale, con una mimica ineguagliabile, egli imita gli effetti di un fuoco d’artificio con tutte le sue scoppiettanti stelle filanti che formano nel cielo disegni spettacolari. Compresa la “scappata finale” di bombe che partono sibilanti verso l’alto, una dopo l’altra con moto crescente, eseguono un arco nel cielo e scoppiano in mille scintille, riempiendo il buio della notte di una miriade di stelle cadenti, che costituiva il meglio di ogni spettacolo pirotecnico.

L'Aielli scartabella - 2016

Vorrei avere la stessa capacità evocativa del grande comico, per proporvi in modo accattivante, una carrellata di vocaboli pure essi scoppiettanti, che, sfuggiti dalle pagine di un Melzi di molti anni fa, scartabellato troppo furiosamente, da una mano ignota, che si è fermata per caso alla lettera “s”, formano un arco di sensi e suggestioni, senza avere nulla in comune tra di loro, se non la casualità che ha consentito loro di proporsi, con una sortita impavida, uscendo per una volta dall’ordine artificiale dell’alfabeto.

Cerco di catturarle mano a mano che passano davanti ai miei occhi, come in sottoimpressione sul fondo di uno schermo, tenendo presente che, da quello che ho capito, non tutti provengono dalle pagine aperte del vocabolario: alcune si sono aggiunte, chiedendo diritto di asilo ed ora tocca a noi decidere se accogliere o no i rifugiati e rimandare indietro quelli che provengono dal dialetto. Cominciamo quindi l’esame. Ecco la prima parola, che si è camuffata da avente diritto all’accoglienza e si fa chiamare “sbalanzare.”

Nel nostro modo di dire dialettale, spesso usiamo la parola “sbalanzare”, di cui non esiste un corrispondente in italiano. Con essa noi vogliamo intendere gettare lontano da noi, in malo modo qualcosa che non ci appartiene e che non vogliamo più. Ma può anche significare strattonare. Penso che questa bella parola così piana e intuitivamente comprensibile non sfigurerebbe affatto nel dizionario nazionale, essendo, come credo, un rafforzativo del verbo sbalzare, di cui l’uso più ricorrente è quello che vede il cavaliere cadere “sbalzato” dalla sella. Tra sbalzato e sbalanzato la differenza è solo nel minore o maggiore “sbalzo” a cui la persona o la cosa viene sottoposta.

E’ previsto anche un “sobbalzo”, che è quello che fa un professore nel sentirne una grossa da parte di uno dei sui allievi. E non c’è da meravigliarsi che uno poi lo prende, l’alunno e lo “sballotta” all’ultimo banco, quello degli asini. Il verbo sballottare, che si può ritrovare nella prima parte del vocabolario sotto la lettera “b”, come ballottare, ma io preferisco il primo, è, secondo i crusconi, meglio riservarlo a casi come quello di un tram cittadino, affollato di gente, che all’ora di punta, con il traffico caotico della metropoli, “sballotta” i poveri passeggeri da una parte all’altra della vettura, con continue accelerazioni, frenate e svoltate improvvise.


Lo stesso dicasi per “sbardellare”; se lo cercate sul vocabolario, troverete soltanto un accenno ad un antico modo di domare i puledri, con la “bardella pesante”, senza peraltro spiegare cosa essa-la bardella, fosse. Però, andando più a fondo, si apprende che l’avverbio “sbardellatamente”, significa “smisuratamente”, il che in qualche modo, dà atto del senso che noi nel nostro vernacolo intendiamo con sbardellare, cioè allargare, slabbrare, ingrandire. Cosa che si potrebbe anche dire con “sbrindellare”, che in se e per se vuol dire “ridurre a brandelli”, ma in modo meno cruento, si addice benissimo anche ad una giacca, una gonna ed altri indumenti “sbrindellati”, ridotti male, ma non necessariamente da buttare.

Per quanto riguarda il verbo “sbolognare”, che, in un gergo che potrebbe andar bene ad alcuni uomini politici, assurti recentemente agli onori della guida del Paese, significa disfarsi di qualcosa che ingombra o imbarazza, tipo “abbiamo sbolognato gli occupanti del CARA di…”, sembra che il modo di dire sia derivato dalla cattiva fama che si era fatta un tempo la “Dotta”, smerciando oro falso, noto appunto come”oro di Bologna”, un tipo di oro di Princisbecco, del quale l’acquirente defraudato desiderava sbarazzarsi al più presto.

Passiamo ad un termine più comune, “sciorinare”: quante volte abbiamo assistito all’operazione di una lavandaia che sciorina i panni lavati, cioè li stende al sole per farli asciugare? Eppure, ancor più curiosamente, sciorinare vuol dire anche scivolare fuori, svicolare (1), o addirittura ed è la forma che più persiste oggi, spogliarsi, per avere refrigerio dal caldo. Sul bus urbano la bella signora che aveva caldo, constatata l’impossibilità di aprire i finestrini, chiese al conducente come poteva fare a procurarsi un po’ di refrigerio. Questi, forse un po’ troppo aulicamente, le rispose che l’unica era di sciorinarsi. Al che la signora, offesa, tornò al suo posto.

Finalmente giungiamo alla parola del titolo: scartabellare. Non sentite il rumore fatto dalle carte, che siano le pagine di un libro, o id un vocabolario, ancorché giustamente famoso come il Melzi del caso attuale, voltate in tutta fretta, fogli ammucchiati malamente sul tavolo, o interi scartafacci che vengono rimossi velocemente e alla rinfusa, più volte, alla ricerca di un solo pezzo di carta, nascosto chissà dove? E’ una parola che incanta. Si usa per frugare come abbiamo detto, in fretta, ma anche per indicare un lavoro metodico, come quello del ricercatore che scartabella interi archivi alla ricerca dell’informazione che gli manca.

Non vi sono sinonimi che tengano al confronto: squadernare, rifrustare (chissà come avrà fatto questo vocabolo ad evadere dalla “R”) , ecc., nessuno possiede quella carica onomatopeica che è propria dello scartabellare, che , etimologicamente parlando, non si sa da dove venga.

Per ora è finita. Mancano soltanto le tre “bombe all’oscuro” che concludono con botti da perforazione del timpano, ogni spettacolo pirotecnico che si riguardi. A questo speriamo di poter rimediare in seguito.



(1) Un bell’esempio è in Dante, Inferno, XXI,115, “IO mando verso là di questi miei/a riguardar s’alcun se ne sciorina”. Il diavolo Malacoda, nell’ordinare ad alcuni dei suoi di scortare Dante e Virgilio fuori dalle Malebolge, aggiunge che li manda anche per verificare che qualcuno dei condannati a star nella pece bollente, non se ne sia invece tratto fuori, sciorinandosi.

Commenti

  1. Caro Bruno, mai avrei immaginato che in italiano esistesse il verbo sbardellare! Al riguardo debbo dire che io l'ho spesso sentito usare in un'altra accezione, che mi sembra molto vicina a quella della sua radice etimologica. Si dice infatti che è sbardellato un veicolo quando lo stesso si sia deformato sotto il carico di un peso eccessivo. Si sbardella quindi la bicicletta (ossia si storcono cerchioni e forcelle) andandoci sopra in tre, e magari nemmeno tutti dei pesi piuma, presi singolarmente.

    RispondiElimina

Posta un commento