MORALISTI

Italo non amava i moralisti, quelli sempre pronti a bacchettare i costumi degli altri, che poi, nel segreto del loro animo, erano propensi a fare qualsiasi compromesso con la propria coscienza. Se per questo, non amava nemmeno il suo nome, troppo sfacciatamente “nazionale”. Perché dichiararsi italiano, in un Paese di Italiani? Egli, uomo modesto, che aveva condotto una vita abbastanza tranquilla, con la moglie e i figli, un lavoro non molto soddisfacente, ma sicuro, che gli aveva consentito di provvedere ai bisogni primari della famiglia, senza mai eccellere, ma anche senza demeriti, conosceva bene la differenza che passa tra le parole “moralità” e “moralismo” e tra nazionalità e nazionalismo. In entrambi i casi il suffisso ”ismo” guastava tutto. Si poteva avere un senso morale, senza il bisogno di affermarlo ad ogni occasione ed essere un buon italiano, senza portarlo per nome.

Si accaniva contro il concetto stesso di “moralista”; è come l’attore sulla scena, pensava, finge di essere ciò che non è. E con soddisfazione tornava alle origini della parola “Ypokrites”, che per i greci era appunto l’attore, con una maschera sul volto, che non mostrava mai la sua vera faccia. Questo egli detestava dei moralisti e, per conto suo, cercava di non assumere mai atteggiamenti che potessero farlo ritenere un moralista. Per far mostra di moralità non servivano bandi pubblici, bastava dare l’esempio con il proprio comportamento corretto e riservato. Gli capitava naturalmente di dissentire da fatti ed atti di amici e conoscenti, ed allora dichiarava apertamente di non essere d’accordo con loro e non temeva le critiche che gliene potessero derivare.

Sapeva anche che alcune volte possono capitare casi e circostanze in cui gli avvenimenti possono essere giudicati in maniera differente, a seconda di diversi punti di vista. La moralità non è qualcosa di oggettivo e fermo – si ripeteva - né una facoltà da interpretare liberamente, come meglio conviene. Vi sono bensì alcune regole che possiamo ritenere ferme ed immutabili, ma per tutto quello che gli ruota intorno, vige il principio evoluzionistico, per cui il senso morale cambia a seconda del tempo e del luogo. Ricordava un vecchio film intitolato “La Casa da thè alla luna d’agosto”, in cui si discuteva, nei toni della commedia, dei costumi di alcuni popoli orientali, così come erano visti dalla casa americana di produzione, nel quale un Marlon Brando ancora giovane, alla fine di un ragionamento non poco contorto sul fatto che alcuni comportamenti che erano ritenuti sconvenienti in un Paese, non lo fossero in altri, arrivava alla conclusione paradossale “ morale =uguale= geografia”.

Aveva trascorso l’intera vita, convinto della bontà di questo suo modo di vedere le cose del mondo e non intendeva recedere ora che era giunto alla fine. D’altro canto non aveva dubbi sul fatto che quella visione delle cose, aperta e largamente permissiva, gli avrebbe consentito di separare il grano dall’oglio, come si suol dire e di potersi barcamenare in ogni circostanza della vita, senza cadere in contraddizione con i suoi principi, cosa per la quale aveva una vera e propria avversione. Non che non gli capitasse talvolta di mutare opinione su determinate questioni, ma in quei casi era il primo a rivendicare il diritto di mutare avviso, aggiungendo che la facoltà di riconoscere un proprio errore, che richiede coraggio e lealtà, era una virtù dell’uomo morale, che deve essere libero nelle sue determinazioni . Per cui procedeva per la sua strada, sicuro e tranquillo, sempre pronto a dare il proprio appoggio alle tesi che condivideva, come pure si dichiarava contrario ad altre, in maniera ferma e forte, ma sempre senza trascendere, con un tatto ed una gentilezza che non avevano nulla di mellifluo o di condiscendente. Per questo si arrabbiava quando gli capitava di dover sostenere questioni delle quali non era convinto, pur non avendo argomenti per affermare il contrario. Si accorgeva che la corazza che si era costruita contro ogni tipo di evento, non era sufficiente a metterlo al riparo da ogni evenienza e gli toccava riscontrare l’esistenza di falle nel suo sistema difensivo.

Cammino dei Briganti, 2017

In pensione da anni, passava il suo tempo senza mai annoiarsi, fra mille piccoli adempimenti, ricavando per sé, per i propri hobby e i suoi interessi che erano molteplici, uno spazio di tempo che era sempre insufficiente. Per fortuna aveva una moglie che si faceva carico di tutte le brighe più pesanti, in casa e fuori, per cui egli poteva crogiolarsi nella sua tranquilla apatia, vivendo con gioia, nonostante uno stato di salute malferma, quei giorni dorati come fossero effettivamente gli ultimi di una serie in esaurimento, di cui ignorava però il termine finale.

Da quel camminatore che era stato, si era ridotto negli ultimi anni a fare passeggiate cortissime, perché si stancava facilmente e doveva riposare spesso. Maria, la moglie era quasi sempre con lui e di solito, quando uscivano, da via Pontremoli, attraversando la rotonda di Via Piacenza, imboccavano la Strada delle Fonderie, e fatti i pochi passi che le forze gli consentivano, sedevano entrambi sulla panchina di un giardinetto non lontano da casa, nei pressi dell’argine, da dove era possibile vedere scorrere il fiume, e sentire l’incessante gorgogliare delle acque, dalle quali si sollevava una nebbiolina polverizzata, carica di un miscuglio di odori erbacei e radici acquatiche e un leggero sentore di melma, che i valligiani chiamano “Odore del fiume”.

Così sedevano un giorno di maggio di un anno non troppo lontano, a pochi passi dal torrente Parma che tra arbusti e canne correva a valle, impetuoso. Sulla panchina di fronte alla loro, fino ad allora vuota, vennero a sedersi dalla strada due ragazzi molto giovani. Erano studenti di un Istituto superiore che aveva la sede a non molta distanza dalla centrale dei Carabinieri del RIS, usciti probabilmente un’ora prima della fine delle lezioni - “hanno saltato l’ora di religione” pensò rammaricato Italo (ho dimenticato di dire che Italo e la moglie erano credenti, ma non osservanti) - ed ora vengono qui a fare l’amore. La ragazza posò ordinatamente i suoi libri accanto a sé, sulla panchina e ristette compunta. Il giovane, poco più che adolescente, fece lo stesso dal suo lato. Poi tirò fuori un pacchetto di sigarette e ne offrì una a lei, che l’accettò di buon grado ed una la prese per sé. Lei accese un fiammifero e porse il fuoco al ragazzo, quindi si piegò sulla fiamma a sua volta, aspirando la prima boccata di fumo. Dopo di che, il maschio passò un braccio intorno alle spalle della ragazza e la strinse a sé, guardandola intensamente negli occhi. I due corpi si fusero in uno; lui aveva le gambe accavallate, lei le teneva strette e parallele, i piedi a terra.

Italo si sforzava di guardare da un’altra parte, ma non riusciva a farlo con naturalezza, attirato com’era dal pezzettino di coscia della giovane, che si vedeva sotto l’orlo un po’ rialzato della gonna, ad ogni piccolo movimento delle ginocchia di lei.

“Guarda che si deve vedere – diceva intanto Maria al suo fianco – questi screanzati non hanno alcun pudore.”

“Non essere esagerata, Maria – la rimbrottava debolmente il marito – sono giovani. Falli vivere come vogliono. La vita è la loro. Tra poco noi non ci saremo più.”

Gli occhi negli occhi, i visi dei due ragazzi si avvicinarono sempre di più uno all’altro e le bocche si congiunsero in un lungo bacio. Non premeditato, spontaneo, col concorso di entrambi. Un attimo di respiro e di nuovo un altro bacio, più lungo, più articolato, le labbra dell’uno cercavano bramosamente le labbra dell’altra, sfiorandosi, mordicchiandosi a vicenda, nel più completo abbandono dei corpi, ignari del tutto della presenza di altre persone.

Maria emise un forte sbuffo di impazienza e fece per alzarsi. Italo la trattenne e la obbligò a guardare altrove.

“Ma non vedi?” insisteva lei “non se ne può più”.
“Sono cose che non ci riguardano” diceva tollerante il marito. “Un giorno capiranno e le cose andranno a posto da sole”.

Seguirono toccamenti vari di alcune parti del corpo, di solito riservate, di lei e di lui e Maria, sfuggita momentaneamente al controllo del marito, insorse gridando ed alzatasi come una furia, si scagliò contro i due ragazzi.

“Scostumati, indecenti, queste cose andatele a fare a casa vostra. Qui siete in un luogo pubblico e non potere comportarvi in questo modo osceno.” Disse senza più fiato. E rivolta alla giovane aggiunse “Sfacciata, non ti vergogni?”.

I due ragazzi, ancora abbracciati, smisero di baciarsi e rivolsero due volti sbalorditi alla donna, non credendo ai propri occhi.

“Signora – cominciò il ragazzo, mentre la ragazza sembrava di sale – come si permette di dire queste cose. Noi non facciamo nulla di male. Nulla che, ne sono certo, non abbia fatto anche lei a suo tempo. Si faccia i fatti suoi e non rompa le scatole.”
“Un momento – intervenne Italo rivolto al giovane – prima di aprire la bocca, dovresti imparare come si parla ad una signora; non è che mia moglie non abbia ragione. Il vostro modo di comportarvi è scandaloso ed offende la morale pubblica. Se ci fosse un poliziotto avreste da vedervela con lui. Potreste passare qualche guaio.”
“Siete due ipocriti bacchettoni – sibilò il ragazzo al colmo dell’ira – e vi piace farvi i c.zi degli altri. Andate a fare…al diavolo e chiudetevi nelle vostre case borghesi.”
“Il mondo è andato avanti - aggiunse la ragazza con una certa pacatezza – voi no.”

I due raccolsero i libri dalla panchina e si avviarono verso il fiume, seguitando a dire cose che i due anziani per fortuna non udirono. A loro volta essi frastornati per quanto accaduto, con il livello di adrenalina nel sangue schizzato al massimo che faticava a tornare normale, fecero per andarsene dalla parte opposta, verso la strada, ma si fermarono poco più in là, perché Luigi aveva difficoltà ad andare avanti. Sedettero di nuovo su un’altra panchina, un po’ nascosta dietro una siepe.

Italo respirava a fatica, Maria, smaltita l’improvvisa furia che l’aveva travolta, era caduta in una fase di greve depressione. Per un po’, ristettero coi menti piegati sui petti, gli occhi ancora farneticanti, l’animo esacerbato.

Poi Italo cominciò: “Ricordi Maria quella volta sul treno? Eravamo anche noi giovani ed inesperti. Ci sembrava che a noi tutto dovesse essere permesso e anche noi non ci preoccupavamo tanto di quello che pensavano gli altri. “

“Ma quelli erano altri tempi” disse Maria. “Appunto” le rispose il marito. “Noi siamo vissuti in un’epoca in cui tutti i rapporti erano improntati all’ipocrisia e noi abbiamo lottato per uscirne, per avere un mondo migliore. Ora a noi sembra che i giovani di oggi abbiano passato il segno, perché fanno quello che allora a noi era proibito. Dove è l’inghippo? Siamo noi o sono loro a sbagliare? Abbiamo sbagliato noi quando abbiamo combattuto per avere quello che ora essi hanno?”
“Cosa avevamo fatto noi in fin dei conti? - si chiese Maria, tornando con la memoria all’episodio ricordato dal marito – noi ci volevamo bene, eravamo due innamorati in vacanza, andavamo al mare, ti ricordi? Eravamo appoggiati al finestrino del treno, sulla piattaforma, in piedi, perché avevamo cercato un posticino un po’ più riservato e tu mi stringesti e tentasti di baciarmi. Stop. Non facevamo altro. E il controllore che passò in quel momento, per il semplice gusto di esercitare la sua autorità su due in posizione di debolezza rispetto a lui, si permise di insolentirci.”
“Poveri sprovveduti ragazzi ignari di tutto, con l’animo aperto al futuro, come anime affamate di nuovo, ecco cosa eravamo, tu ed io, nella nostra sconfinata innocenza” disse meditabondo Italo. “Ed uno stupido, rozzo uomo con la divisa da ferroviere, che si sentiva investito di un potere che non sapeva infimo, sul trenino che da Cesena, portava a Rimini, ci additò al ludibrio del pubblico, che assistette muto alla scena, minacciandoci di gravi sanzioni. ”

Maria guardava il marito con occhi persi ”Tu dici che allora ho fatto male a redarguire quei due ragazzi?” chiese quasi piagnucolando.

La Parma scorreva placida, per un attimo tutto tacque, il silenzio fu assoluto, come prima dello scoppio di un tuono; ma fu solo un effetto del vento: improvvisamente aveva cambiato direzione ed indirizzato il flusso d’aria verso l’altra riva, soffocando la voce del fiume, poi riprese il suo consueto cammino verso la foce.

“Andiamo cara – disse Italo tendendo un braccio verso sua moglie per prendere la sua mano – non facciamoci un cruccio per ogni cosa. Quello che succede non dipende da noi, ma noi siamo ancora vivi in un tempo che non è più il nostro. Non possiamo portare indietro le lancette dell’orologio e se anche lo potessimo, forse, nemmeno lo vorremmo. Teniamoci a questa verità, il resto è follia”.

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