GENTILEZZA

Di notte, a quell’ora, la città sembrava deserta. Piazza Bologna appariva nella sua nudità. Il palazzo delle Poste dormiva, in cima alla sua scalinata, con le porte sbarrate. Poche luci accese per strada ed alberi stecchiti nel buio. Nessun passante. Un’auto attraversò veloce la piazza e scomparve lungo via Lorenzo Il Magnifico. Egli si avviò verso un’altra direzione, imboccando lentamente viale delle Provincie, in cerca di una farmacia di turno. Il dolore di denti, insorto due ora prima, mente dormiva, lo perseguitava e gli faceva oscurare la vista. Si era alzato, vestito in fretta ed era sceso nella via, che sembrava un fantasma. Guardava avanti con la speranza di vedere una luce rossa o verde in forma di croce, che indicasse il posto dove avrebbe potuto trovare un analgesico per sopprimere il suo dolore.

Senza titolo, 2017

Camminava da circa mezz’ora, senza incontrare anima viva, quando all’improvviso, un’ombra si materializzò alle sue spalle e un uomo si affiancò a lui, costringendolo a fermarsi.

- Mi scusi – iniziò l’uomo con voce gentile – mi saprebbe dire per cortesia se da queste parti c’è un bar che rimane aperto tutta la notte? –

Giovanni, questo il nome del nostro, lo scrutò alquanto meravigliato; il suo sguardo offuscato vide un volto sorridente, entro una cornice di barba, non rada, né tanto folta, brizzolata e non eccessivamente curata, che metteva in risalto gli occhi, vivaci ma chiari, ed un paio di labbra leggermente sporgenti, nell’atto di porgere la domanda. Nonostante il suo dolore, si fece forza e rispose, cercando di apparire calmo e gentile a sua volta.

- Ci dovrebbe essere un bar aperto a quest’ora, due traverse più avanti – rispose – ed io sarei lieto di accompagnarla, ma non posso, perché sono alla disperata ricerca di una farmacia, per comprare un analgesico per un terribile male di denti che mi sta facendo morire. –

- Lei è un uomo fortunato – gli rispose quello – vengo giusto da una via che incrocia questa poco sotto, dalle parti del Verano, dove ho appunto notato una farmacia aperta. Se vuole l’accompagno, così dopo lei potrà indicarmi la via per il bar. -

Giovanni in quel momento sentì che il dolere gli dava un po’ di tregua, per cui si concentrò e guardò il suo interlocutore con attenzione maggiore di quanto non avesse fatto prima. Sembrava perfettamente a suo agio in un abito abbastanza stazzonato; era non molto alto, aveva un torace ampio, e gambe corte, i suoi occhi esprimevano bonomia, mentre erano in attesa di una risposta, che tardava ad arrivare.

- Facciamo così – disse dopo un attimo di indecisione e posandogli la mano sopra una spalla – vengo con te e in mezz’ora possiamo andare in farmacia ed essere al bar a bere qualcosa, così potrai prendere la tua medicina. –

Giovanni lo fissò di nuovo, notando il brusco passaggio dal lei al tu. E la mano posata sulla spalla, con fare confidenziale e amichevole.

- Ma tu chi sei? Ci conosciamo, forse? –
- Giovanni – disse l’uomo, fissandolo in volto – tu hai poca memoria. –
- Conosci il mio nome? Ma io non mi ricordo di te. –
- Sono Gregorio. Ci siamo conosciuti esattamente un anno fa, da un’altra parte della città, ma poco distante da qui e sempre di notte. Mi ero smarrito nel quartiere che non conoscevo e riuscii a trovare la via di casa solo grazie ad un signore molto gentile, che incontrai per puro caso, il quale si soffermò abbastanza a lungo con me, per farmi da guida e così facemmo amicizia. -
- Ero io quello? - chiese Giovanni.
- Certo e l’incontro avvenne in via Lanciani, all’altezza del garage aperto tutta la notte – rispose l’uomo che aveva detto di chiamarsi Gregorio. – io venivo da via Nomentana e cercavo via Rocca Sinibalda.
- Senti, Gregorio – iniziò Giovanni – mi devi perdonare; mi capita di frequente di incontrare gente che va in cerca di indicazioni stradali ed io non esito a fornirle, per quanto possa. So che di notte si fanno gli incontri più strani ed emozionanti ed io spesso mi sono trovato in situazioni particolari, perché soffro di insonnia e per me la città è più interessante di notte che di giorno. Ma è strano che non mi ricordi di te. Probabilmente è a causa del forte mal di testa e di denti che non mi fa ragionare. E nemmeno ricordare. Comunque sono lieto di averti rivisto, se tu dici che ci siamo già incontrati. –
- Andiamo, via – disse accondiscendente Gregorio – non ha importanza, ti ricorderai tra poco. Ora preoccupiamoci del tuo mal di testa e andiamo in farmacia. –

Lo prese per un braccio ed entrambi si avviarono nella direzione che indicò il primo, verso la fine del Viale, da dove si vedeva il Piazzale del Cimitero monumentale del Verano, illuminato come a festa.

- Anch’io – andava dicendo intanto il sedicente Gregorio – essendo molto pratico del mio quartiere, spesso di notte mi trovavo a dare indicazioni a persone, di solito qualche sonnambulo sbandato, o piccoli gruppi, che si erano trovati lì per caso e avevano smarrito l’orientamento. E provavo una grande gioia quando vedevo negli occhi disorientati di queste persone, brillare la luce della speranza, per aver trovato la soluzione a quello che sembrava un problema abbastanza grave. Di notte è difficile trovare qualcuno che possa aiutarti e che abbia voglia di farlo. -

Giovanni rimaneva silenzioso in ascolto di queste parole, senza nemmeno capirle, le percepiva come una cantilena, chiuso nel suo dolore e sbalordito per quello che gli stava capitando. Si lasciò guidare fino all’insegna di una farmacia situata allo sbocco del Piazzale, davanti all’ingresso del Cimitero con il grande cancello sbarrato. Non ricordava di averla mai vista prima e ne ignorava l’esistenza. La saracinesca era abbassata, ma da uno sportellino laterale, illuminato flebilmente, una mano usciva per prendere l’ordinazione e per porgere quanto richiesto, incassando il prezzo.

Nel piazzale ristavano alcune persone, disseminate ad una certa distanza una dall’altra, che sembravano in attesa. Le ombre si confondevano con le chiazze di luce che filtravano attraverso i rami degli alberi che contornavano il piazzale.

Giovanni pensò, che si trattasse di viaggiatori arrivati alla Stazione Tiburtina che dista poco dal Cimitero, ma si meravigliò del fatto che sembravano non avere alcuna fretta, nonostante l’ora.

- Vedi Giovanni – gli diceva intanto all’orecchio l’amico ritrovato – è un anno esatto che io mi sono dovuto trasferire in questo quartiere per via di un maledetto incidente e qui non conosco nessuno, per cui sono ben contento di avere ritrovato te, specie per il fatto che siamo entrambi amanti della notte. -

Giovanni più tardi non ricordava nemmeno il percorso che avevano fatto per raggiungere il bar, come nel programma del singolare compagno. Ma era certo di aver dato lui le indicazioni per arrivarci. Non era facilissimo, perché bisognava, dal Viale, svoltare ad una certa altezza, non era sicuro se a sinistra o a destra, ed inoltrarsi per alcuni vicoli, fino all’incrocio di Via Lorenzo il Magnifico, dopo di che ritrovare il posto era un gioco.

L’insegna era scarsamente illuminata ed il locale era vuoto. Il barista attese dietro il banco fino a quando i due si furono sistemarti in un tavolinetto sul fondo. Dopo di che li raggiunse per le ordinazioni. Giovanni chiese preliminarmente un bicchiere d’acqua per poter finalmente prendere l’analgesico dal quale si aspettava un sollievo immediato. Così non fu. Egli aveva ingurgitato ben due delle compresse contenute nella confezione della farmacia, ma, a distanza di una buona mezz’ora, gli effetti erano ancora lontano dal sentirsi. Intanto avevano ordinato due 50 c.c. alla spina. Che l’oste portò subito dopo.

Gregorio intanto gli parlava, a bassa voce, forse perché il locale vuoto lo intimidiva, pensò Giovanni. O perché non gradiva essere ascoltato dal barista, che tornato dietro al banco, si era seduto su uno sgabello e sfogliava distrattamente un giornale, con un mezzo toscano pendente fra le labbra.

- Tu non te lo ricordi – riprese Gregorio – ma un anno fa noi eravamo proprio qui. Io ero arrivato da poco nel quartiere e tu fosti così gentile da…-
- Ora mi ricordo – esclamò ad un tratto Giovanni come colpito da una visione - tu eri stato in via di Monte Gran Sasso e avendo seguito la Nomentana in senso inverso, ti stavi allontanando sempre di più da quello che cercavi.

Mi facesti un lungo discorso sulla gentilezza. Nel mondo – dicevi – tutto potrebbe andare meglio se solo riuscissimo ad essere più gentili gli uni con gli altri. Tu ne avevi fatto un punto di forza della tua vita e mi dicesti anche che non sempre il tuo atteggiamento gentile era riuscito a far sì che anche tu ne traessi un vantaggio. Talvolta la gentilezza viene scambiata per debolezza ed allora sono guai. -

Cominciava finalmente ad avvertire qualche beneficio dall’analgesico ed il dolore si allentava mano a mano, accompagnandosi ad una gradevole sensazione di scioglimento di tutti i muscoli e un senso di abbandono nel corpo e negli arti. Una sonnolenza alla quale intendeva resistere per godersi quei momenti di affievolimento del suo male.

Guardò il suo amico come in una nebbia e vide i suoi occhi buoni e sorridenti, che gli infusero un senso di tenerezza. Allungò una mano attraverso il tavolo, per toccargli il braccio, ma non riuscì a procurare un contatto fisico.

- Raccontami – gli chiese - di come ci incontrammo e di quello che ci dicemmo quella notte. –

Gregorio si protese verso di lui, guardandolo intensamente negli occhi.

- Quella notte eravamo entrambi ubriachi – fu la risposta – e certo non tutto è da ritenere vero.

La notte è il regno dei morti – gli sussurrò più da vicino – di notte incontri i personaggi più diversi, e improbabili. Di notte si scopre se è la vera l’amicizia di chi è con te e ti si dichiara amico. Mentre tutti dormono, pochi fantasmi si aggirano e non saprai mai dove vanno, né cosa cercano. –

I boccali di birra erano ancora sul tavolo, intatti. Gregorio per primo allungò una mano e prese il suo.

- Beviamo amico della notte e affoghiamo i nostri pensieri. –

Bevvero. Il primo con un lungo sorso e grande soddisfazione. Giovanni dovette reprimere un piccolo senso di repulsione e bevve solo un piccolo sorso. Non era ancora certo che il dolore non si sarebbe svegliato a contatto con il liquido gelato. Poi sembrò rassicurarsi e bevve di nuovo, questa volta più a lungo.

- Non bisogna aver paura della morte – riprese Gregorio – né dei morti: essi sono come noi. Ci vogliono bene.

Giovanni sognava ormai il suo letto e la sua casa e non aveva più voglia di ascoltare quei discorsi. Con occhi appannati, si alzò e si diresse al bagno per vuotare la vescica. Si guardò nello specchio dell’antibagno: aveva un aspetto emaciato e febbrile.

Al suo ritorno non trovò nessuno al tavolo. Un bicchiere di birra era vuoto. Il suo semipieno. Sedette al suo posto ed attese. Forse l’amico era andato pure lui al bagno. Bevve ancora un po’ di birra. Niente. Ad un certo punto dovette appisolarsi, perché quando riaprì gli occhi, il posto davanti a lui era sempre vuoto ed il boccale era sparito. Davanti a sé aveva il suo, con un piccolo rimasuglio della bevanda.

Guardò l’orologio, “le quattro disse tra sé; è il caso che vada”. Si alzò ed andò verso il bancone, dove si appoggiò coi gomiti, avendo in mano il portafoglio aperto nell’atto di estrarre una banconota.

- Quanto debbo? – chiese.
- Il conto è pagato, signore – rispose il barista. Dopo un attimo aggiunse: - L’ha pagato il signore che era con lei. –
- Quando è andato via? Mi sono alzato un momento e non l’ho più trovato…-
- E’ stato circa un’ora fa. Ha detto di avere fretta di rientrare e si scusava per averla lasciata senza avvertirla. Ha detto anche di dirle che sperava di rivederla ancora in qualche altra occasione. –
- Grazie - rispose confuso Giovanni, riponendo il portafoglio nella tasca posteriore dei pantaloni. -. Buona notte…anzi buon giorno… -
- Buon giorno signore, alla prossima. –

Uscendo, guardò la via deserta, le case, il cielo; le stelle cominciavano ad affievolirsi nonostante ad oriente nulla lasciasse ancora presagire la nascita di un nuovo giorno.

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