SCONFINFERARE

Che sia stato o no il grande Totò ad inventarla, o che già esistesse prima che Totò con l’uso geniale che ne ha fatto, la rendesse popolare, certo è che adesso la parola “sconfinferare” ha conquistato un posto di ruolo nel dizionario della lingua italiana, dopo un periodo piuttosto lungo di apprendistato nelle periferie di diverse parlate locali; non è il caso nemmeno di parlare di dialetti, perché se mai se ne volessero rintracciare le origini in un qualche dialetto accreditato, non si saprebbe su quale far cadere la scelta.
Caramelle, 2013

Infatti, è dimostrato che adesso l’uso, ancora un poco gergale e adatto ad un tipo di discorso scherzoso, anche se piuttosto limitato, è diffuso su tutto il territorio nazionale ed in qualunque parte del nostro Paese se ne conosce l’esatto significato.

Quella riportata qui, è la forma che si è affermata come autentica ed ha avuto il riconoscimento anche da parte dell’Accademia della Crusca; ma sono ammesse anche piccole varianti, a partire da quella più vicina ad essa e di uso più frequente, sconfifferare, e passare poi a quelle che seguono, in ordine via via decrescente, quanto ad attendibilità e diffusione, come sconpinferare, sconquifferare, scompifferare.

Il significato è molto semplice: sconfinferare vuol dire “piacere”, indica cioè se una cosa è di proprio gradimento, o meno; aggiungendo a quanto detto prima che spesso è inserita in forma interrogativa in frasi in cui si ritiene scontata una risposta negativa: “Ho fatto in questo modo, anche se non ti sconfinfera. Vero che non ti sconfinfera?”.

Dato il tono retorico della domanda, sembra che non si tratti nemmeno di cosa di gran peso e più che di un vero dissenso, da parte dell’interrogato, ci si debba attendere una ritrosia ad accettare la leggera forzatura che crea nel suo animo una contrarietà puntigliosa, non sostanziale. Come dire che poteva andar meglio, ma tutto sommato, vadasi come vuole. E la sua resistenza resta nell’ambito dello scherzo.

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