QUELLO SCARAFAGGIO SI CHIAMA GREGORIO di Valter Di Giacinto

Ieri ho provato a dare una definizione dell’essenza del fiume. Ma se, come abbiamo visto, hanno un’essenza le cose inanimate, a maggior ragione ne dovranno avere una gli esseri viventi.

Tra le varie letture possibili, il surreale esperimento concettuale che Kafka ci propone nella Metamorfosi può essere, secondo me, visto proprio come una favola allegorica sull’esistenza e sulla natura dell’essenza dell’individuo umano.

Fossile - 2014

Al risveglio da una notte popolata da sogni inquietanti e vagamente premonitori, per un curioso quanto madornale accidente della vita, tutto si presenta infatti cambiato nell’involucro materiale che avvolge Gregor Samsa, mutatosi nel volgere di poche ore nel corpo di un enorme e immondo insetto. Malgrado ciò, Gregor non si sente nel profondo diverso dal se stesso che si era coricato a letto la sera precedente. Si pone gli stessi problemi: gli impegni di lavoro, la famiglia. Prova perfino a escogitare qualche stratagemma pratico per togliersi momentaneamente d’impaccio.

La domanda da porsi di fronte a tale scenario paradossale non è come ciò sia possibile (ogni cosa è plausibile in un racconto fantastico!). Bisognerebbe invece interrogarsi sul perché tale atteggiamento non ci sorprenda.

Sebbene tutto sia cambiato nel corpo di Gregor, noi non facciamo infatti nessuna fatica a immaginare che, anche in tale abnorme situazione, permanga un sostrato profondo nell’individuo Gregor Samsa che attraversa indenne la terribile nottata. Che l’essenza di un uomo rimanga immobile e imperturbabile rispetto a qualsiasi tipo di evento accidentale egli si trovi a sperimentare nel corso della vita non ci stupisce affatto. O almeno questo è quello che io ho sperimentato leggendo e rileggendo, dopo molti anni, il racconto.

La cosa che ancora oggi mi colpisce e mi sorprende non è quindi il fatto che il protagonista si percepisca in continuità con l’immondo animale che egli era divenuto dal tramonto all’alba. Quello che trovo sbalorditivo è piuttosto l’evidenza che, dopo lo sgomento iniziale, i suoi parenti lo riconoscano come il loro figlio e fratello Gregor e, avendolo riconosciuto, si sforzino (almeno inizialmente) di accettarlo, cercando in qualche modo di convivere con l’orrore che egli provocava allo sguardo.

Ora, che degli individui possano giungere ad un grado di vicinanza tale da conoscersi nella loro essenza immateriale e immutabile, potendosi quindi ri-conoscere sotto qualsiasi camuffamento, rimane per me il più grande mistero.

Qui su Facebook è pieno di amici (a me ne constano 544 ad oggi, ma c’è chi ne ha migliaia). Ma l’unico amico che mai avrete al mondo è quello che vi riconoscerebbe il giorno che vi presentaste da lui nella forma di un ributtante scarafaggio alto un metro e ottanta e incapace di proferire parola.

Commenti

  1. La piena è ormai inondazione, ma non distrugge, aggiunge, costruisce, pulisce; mentre porta via le scorie, lascia sul terreno un humus fertile e produttivo. Giacimenti di sostanze fertilizzanti. Le tracce sono molte e non si sa dove portano. Ma noi abbiamo solo da guadagnare. Seguiamo Wolters nel suo volo alto.

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