PRAGMATISMO

Per non voler apparire come uno che sa, mentre invece sono ben cosciente di sapere poco o niente, certo meno di Socrate, che diceva di sapere solo di non sapere, mentre io manco quello, altrimenti sarei come lui, con un massimo di presunzione: io come Socrate, ma siamo matti? Vi dirò che per me pragmatismo è un atteggiamento pratico, che va per le spicce, e raggiunge lo scopo immantinente, senza tanti sofismi e tentennamenti.

3D - 2018

Questa parola che esercita un certo fascino, proviene dal greco “pragma” che significa “azione” ed usata fin da allora in ambito filosofico, ha dato luogo ad una corrente di pensiero sorta nel secolo XIX in America, dove l’azione è stata sempre un carattere distintivo di quel Paese. Si tratta di dare prevalenza alla pratica, la prassi utilitaristica rispetto alla teoria che rimane sterile. Essa si divide in più branche, a seconda del fine dell’azione esercitata. Così abbiamo un pragmatismo “metodologico”, basato sull’esperienza, che richiama concetti come l’empirismo in campo scientifico, e un pragmatismo “metafisico”, applicato anche alla conoscenza del linguaggio, nel quale prevale il fine dell’utilità di certe credenze, scientifiche o religiose, contrapposte all’inutilità di indagini meramente speculative come quella sulla essenza delle cose, la verità e simili.

Si sa che tra realtà e verità le cose non sono andate sempre molto bene, nel senso che le due cose sono apparse spesso come distanti e non corrispondenti. Ebbene, a parer mio, con il pragmatismo si è data prevalenza alla realtà, rinunciando alla verità, forse inconoscibile, e con un po’ di sano realismo, si sono posati i piedi per terra, ricercando l’utile anziché il vero. Con gran rispetto del contesto in cui si opera, per decidere se una cosa si può fare o non si può fare.

Non che non siano stati fatti abusi di una teoria così comoda. In campo politico, con la ragion di stato sono state giustificate azioni nient’affatto commendevoli. Il diffuso modo di dire “il fine giustifica i mezzi”, erroneamente ritenuto originario di Machiavelli, ha condotto a vere e proprie aberrazioni. La politica del “fare”, iniziata da Berlusconi, proseguita da Renzi, è stata portata ora da Salvini alle estreme conseguenze. Egli infatti di suo ci ha aggiunto una connotazione particolare che già i greci chiamavano di “pragmatismo amoralistico”, per indicare un modo di fare che se ne fotte dell’effetto morale o amorale dell’atto, purché sia buono a farti raggiungere lo scopo che ti sei prefisso.

Vuoi convincere quelli della commissione europea ad aderire ad un piano di ripartizione degli immigrati fra tutti gli stati europei? Niente di meglio che sequestrare 179 poveracci e tenerli in ostaggio fino a quando “quelli su di Bruxelles”, cederanno al ricatto. Dici che questo grado di spregiudicatezza configura un reato? No, se il reato è commesso per un prevalente interesse dello stato come ha deciso il Senato della Repubblica Italiana a guida giallo-verde (tutt’al più, avrebbe aggiunto Totò, sempre prodigo di trovate esilaranti, si potrebbe trattare di un “reato a responsabilità limitata”). Ed ora hanno la faccia tosta di chiedere un risarcimento! Non lo sanno che la legittima difesa è sempre legittima e che tu puoi sparare al ladro che è entrato in casa tua, anche lo raggiungi sulla riva di un torrente, dopo che lo hai inseguito, fermato ed immobilizzato, con l’aiuto di tuoi dipendenti, perché quel diritto è sacro? Che stessero attenti, che qui tira una brutta aria.

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