INVOLUZIONE

Mi sono svegliato questa mattina, con due parole che mi frullavano nella testa; la prima era il verbo “subornare”, col suo sostantivo “subornazione”, la seconda un aggettivo, “allibito”, che in realtà è il participio passato di “allibire”, quindi un altro verbo. Avevo cose da dire, ma non riuscivo a coordinare le due direttrici che le parole stesse mi suggerivano. Per trovare ispirazione, ho provato a fare una navigazione di piccolo cabotaggio sul web e i social, ed ecco che ho incontrato, su FB, amici che si interessavano ad argomenti tipo Dio, l’origine della vita, evoluzionismo o creazionismo e la reincarnazione. Non potevo credere ai miei occhi: la reincarnazione, il creazionismo, il Progetto Intelligente, cose dell’altro mondo! Non potevo non soffermarmi un poco a riflettere sulle ragioni dell’uno e dell’altra, e la prima cosa che mi ha sorpreso, pur non lasciandomi allibito, è stata la facilità con cui alcuni esprimono giudizi lapidari su cose ipotetiche, avventurandosi su crinali impervi, con sprezzo del pericolo, per non dire incoscienza.

Hotel liberty abbandonato (Pineto, TE, 2013)

A questo punto, il problema della subornazione, con tutte le sue implicazioni di doppiezza e slealtà da parte di chi la mette in opera, si è ridotto al significato letterale del termine: artificio con cui si induce un altro a commettere una azione disdicevole, col fargli credere di fare cosa buona, per come la cosa stessa viene presentata, edulcorata e decorata, cioè “ornata” al fine proprio di ottenere quel risultato. Sub-ornare significa indorare la pillola, sì che il credulone agisca di conseguenza, lui in buona fede, il subornante, in mala.

Che ciò possa far allibire in alcuni casi, chi per avventura si trovasse ad assistere agli effetti che si possono ottenere, per via della subornazione, non è difficile da immaginare. Allibire, significa sbiancare, impallidire, di meraviglia e di timore, o preoccupazione. La letteratura, le fiction, e soprattutto i tribunali, sono luoghi dove la subornazione è di casa.

La subornazione si distingue dalla subordinazione, per l’origine e il significato, molto diverso. Per quanto riguarda l’origine, si passa dall’azione di ornare a quella di ordinare, non solo nel senso di mettere in ordine, ma di dare un ordine. La subordinazione infatti è la dipendenza da una volontà altrui e si esprime in tutta la sua forza nel campo del lavoro, appunto subordinato, in cui il soggetto sottoposto è tenuto ad agire secondo le regole e gli ordini di quello ordinante.

Riflettendo su tutto ciò, mi è parso evidente che la subornazione e non la subordinazione, possa essere rilevante anche in campo di spiritualità. Tutti noi ci interroghiamo su chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo e questo implica il discorso sull’esistenza o meno di Dio. Ho letto anche che Dio non sarebbe libero di agire come gli piace e pare. Perché lui, l’inventore del libero arbitrio, non sarebbe autorizzato a farne uso, per i fini propri. Qualcun altro parla della impossibilità di immaginare un Dio partigiano, non so più a quale proposito.

Su questi argomenti, andrei molto cauto, meglio essere reticenti che dire eresie. Quello che nessuno sa è da dove siamo venuti e dove andremo a finire. Il nostro unico terreno di conoscenza è il dove siamo e quello che intendiamo fare. Ritengo inutile e fuorviante, parlare di reincarnazione e altre teorie teosofiche, in cui si tratta di farsi dei convincimenti su idee che inventiamo noi. Nessuna religione può essere rivelata. Anche perché in nome di esse sono state commesse stragi e olocausti inimmaginabili.

Libero ciascuno di pensare quello che gli sembra più verosimile, o niente. Ma non teorizziamo, c’è il rischio di subornare qualcuno, in un senso, o nell’altro e non sarebbe una buona cosa. Rimarrei allibito se un giorno dovessi scoprire che qualche povera anima innocente fosse finita all’Inferno per colpa mia, perché subornata da me. Vade retro Satana.


Volter Di Giacinto ha scritto:
Caro Bruno, scrivo qui perché sul Blog ancora non mi riesce di farlo. Mi spetta una replica, perché nel calderone, insieme creazionisti e resurrezionisti c'è finito anche un mio post, quello sulla libertà di Dio. Su questo una prima precisazione: ci sarebbe stata bene una faccina sdrammatizzante alla fine del testo. Normalmente le metto, stavolta mi è sfuggito. Detto questo, volevo precisare che il post andava letto in congiunzione con il testo della canzone, che affronta il tema della paternità e delle connesse responsabilità, con l'implicito sacrificio in termini di minori libertà personali che ne consegue. Passando dal padre della canzone al Padreterno, l'asserto che riportavo segue dal seguente semplice sillogismo: il padre non è libero (perché è responsabile dei figli), Dio è padre, ergo Dio non è libero. Dov'è l'errore?

Caro Valter, hai ragione, ho fatto di tutt'erba un fascio e ti chiedo scusa. Sono lieto che tu abbia scritto e voglio subito precisarti che non intendevo criticare il punto di vista sul quale mi hai ora illuminato, ma semlicemente citarlo per far risaltare la pluralità delle posizioni, le più differenti. Nessun errere, per carità! E' bello leggere quello che scrivi. Il sillogismo su Dio padre mi era sfuggito, ma l'argomento mi interessa molto. Sto ancora scrivendo qualcosa sul tema delle religioni. Spero di sentire il tuo parere e aspetto di leggere tuoi post sull'argomento. Grazie e ciao.

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