IL ROSPO

Tutte le mattine sono condannato a un quarto d'ora di tosse e catarro, per cui non mi sono mai chiesto perché si dice "sputare il rospo". Che ne dici di argomentare sulle origini di questa espressione?

(Lucio, ieri)

Caro Lucio, in un primo tempo aveva scartato l’ipotesi di dare seguito alla tua richiesta, in quanto l’argomento mi sembra molto sgradevole. Anch’io ho avuto a che fare con quel fenomeno, come un po’ tutti, credo, perché siamo tutti esposti a questo tipo di inconvenienti, e quindi sappiamo quanto sia fastidioso e …antipatico. Poi, riflettendoci, mi sono detto: ma sì, perché no? In fin dei conti, qui, il rospo non è puramente allegorico, e per questo anche più difficile da digerire o da sputare: si tratta proprio di quel simpatico animaletto verde, abitante dei pantani, alimentatore di leggende, molto usato dalle streghe, per la preparazione delle loro pozioni velenose e malefiche, simile alla rana che però ha ben altro pedigree, e letterariamente è nobilitata da vari racconti di natura etica di scrittori famosi ed antichi (la rana e il bue, la rana e lo scorpione, ecc.).

Biscotto allo zenzero, 2013

Dico digerire o sputare, perché l’espressione è usata in ambedue i modi, con un significato molto diverso, l’uno dall’altro. Dimentichiamoci quindi delle affezioni catarrali, da curare assolutamente, per evitare cronicismi molto fastidiosi, per dedicarci, per qualche minuto, all’aspetto e alla funzione del rospo oggetto di questi modi di dire.

Quanto all’aspetto, si può dire senza tema di smentite, che è uno dei più brutti. Con i suoi occhi sporgenti, muniti di una membrana che sembra fatta apposta per aumentare il loro senso di perfidia e malevolenza, che attrae la vittima per poi scattare e sorprenderla, con uno schizzo di veleno, è un simbolo della bruttezza subdola e cattiva. Se vogliamo insultare qualcuno per il suo aspetto fisico congiunto alla mancanza di qualità morali, gli diciamo che rassomiglia ad un rospo.

L’esame dei due modi di dire, ingoiare un rospo, o sputare il rospo, che qualche volta diventa sputare l’osso, ma in questo caso l’animale al quale si fa riferimento non è più il rospo, bensì il cane, è facile e non trova corrispondenza in fatti, aneddoti o altri precedenti da cui essi possano aver preso origine. L’unica giustificazione si trova proprio nell’aspetto e nella consistenza fisica dell’animale, munito di pelle viscida e ruvida, tanto da rendere estremamente difficile, se non del tutto impossibile, procedere all’una o all’altra operazione.

Prima di sputarlo il rospo bisogna ingoiarlo. Il fatto paradossale di dover fare una cosa del genere, rende con la massima efficacia, quanto debba essere doloroso, sopportare qualcosa che assolutamente non avremmo voluto, facendo, come si suol dire, buon viso a cattivo gioco. Deve trattarsi di qualcosa di imposto, altrimenti non ci si ridurrebbe, qualcosa di duro, che deve graffiare la gola, di repellente, da dare nausea. Oppure un colpo di sventura, un’atroce disgrazia, un tiro mancino del destino o di un amico, il che fa ancor più male.

Data l’indigeribilità di un simile boccone, è facile che esso resti sullo stomaco per molto tempo e costituisca motivo di grande sofferenza per il portatore. Un groppo insopportabile, un cruccio interminabile. Ecco allora la necessità di tirarlo fuori, a costo di soffocare, per liberarsene e sentirsi sollevato. E’ quello che accade al peccatore, quando al confessionale, sussurra all’orecchio del confessore, un grave peccato, che costituiva motivo di ambascia. Si sente rinato, rigenerato. Per noi laici, vale l’esempio equivalente del delinquente che finalmente confessa di avere commesso il fatto e se ne libera, scontando la pena. Ma il rospo o l’osso si sputa anche per costrizione, sotto tortura, cosa che avviene normalmente nei regimi autoritari o nelle società costituite a scopo di delinquere, quando si chiede al malcapitato in possesso di un’informazione utile alla controparte, di “sputare l’osso”, o come si dice in gergo di “cantare”, ovverosia di rendere noto quanto a sua conoscenza.

Ingoiare e sputare sono due azioni che si fanno mettendo in moto la gola. Quando metaforicamente si è presi per la gola e costretti ad ingoiare un rospo, è ben difficile “mentire per la gola”, che è altra formula consueta per dire, “spararla grossa”, e tentare di sfuggire alle conseguenze di un atto avventato e sottrarsi al conseguente castigo, sputando il rospo per ripristinare l’ordine turbato, magari con la buona pace dei benpensanti, i quali potranno rallegrarsi e dire: è roba da chiodi! (espressione di estrema meraviglia per quanto accaduto, senza alcun bisogno di ricorrere al ferramenta).

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