AMBIGUO
Ambiguo, ambiente; non è strano che abbiano la stessa origine? E’ la particella “amb” che crea questo collegamento, come avviene anche per “ambito” e “ambulante”. Ma l’accostamento sembra finire qui. “Amb” latino vuol dire “intorno” ed “agere” equivale a “spingere, condurre”. Fusi insieme in “ambìgere”, danno un significato che a tutta prima sembra non allineato con quanto sta emergendo dal discorso appena iniziato. Il suo significato vero, infatti, è “dubitare”. Il senso è da ricercare in quell’incertezza insita nel concetto di spingersi intorno, senza saper bene dove andare. A ben guardare l’ambiente può avere il suo ruolo, come pure l’ambulante, colui che si aggira nell’ambiente.
Questa è l’impressione che si ricava davanti ad una persona ambigua, che ha un comportamento non facilmente comprensibile, su cui si comincia a nutrire qualche sospetto, che potrebbe attenere alle sue reali intenzioni o al suo modo di essere, non sincero, o addirittura mettere in dubbio le sue qualità morali. Lo stesso avviene di fronte a parole non chiare, che possono essere interpretate in modi diversi o ad uno scritto, che letto più volte, si apre sempre a nuovi significati.
L’ambiguità non sempre è un dato negativo; nel campo dell’arte, una certa dose di ambiguità è stata sempre presente ad ha portato a volte ad esiti di altissimo valore. Il sorriso della Gioconda, il sorriso dell’ignoto marinaio di Antonello da Messina, lo sguardo in tralice di molti ritratti famosi, ne sono testimonianza.
Nella vita pratica, l’ambiguità può essere una risorsa quando si voglia esprimere un sentimento di neutralità, mentre può diventare un pericolo, nei casi di finta neutralità o addirittura di doppiezza da parte di altri, la quale poi può assumere diversi aspetti, di provocazione, irrisione o arroganza.
L’ambiguità può anche sfociare in un comportamento equivoco. Quest’ultima parola, di origine latina con “aequus” che vuol dire “uguale” e “vocare”, “chiamare”, merita un po’ di approfondimento. “Equivoco” si contrappone ad “univoco”, che significa “cosa che ammette un solo significato”, in quanto ha la qualità inversa, che può avere due o più significati. Il che può creare imbarazzo.
Secondo alcuni linguisti, l’equivoco è sempre possibile, già solo perché vi è una barriera tra il modo di esprimere il proprio pensiero da parte di chi parla, per cui a volte quel che viene detto già non corrisponde esattamente a quello che è stato pensato e il modo di ricevere l’informazione di chi ascolta che può facilmente fraintendere ciò che stato detto.
Infatti si può cadere in equivoco, avendo inteso un discorso in un senso, mentre andava interpretato in un altro senso. In questo caso l’equivoco è un errore. Ma si può anche essere ingannati da un comportamento volutamente equivoco. In questo caso il giudizio si estende alla persona dell’agente, che denota qualità di bassa moralità, se non di nascondere qualcosa di sordido nell’animo. Allora si dice del soggetto che è equivoco.
Ma c’è un altro aspetto ancora che merita di essere esplorato ed è quello della enigmaticità. Enigma, dal greco “ainigma” e dal verbo “ainissomai”, che vuol dire “parlare copertamente”, non è il mistero, né l’incerto, ma il nascosto. L’enigma non si risolve con la semplice comprensione, ma va scoperto, ne va cioè scovato il senso riposto. Lo stesso avviene con la cosa criptata, per la cui comprensione, è necessario conoscere il codice di decifrazione.
Disease #1 (Enigma) - 2019 |
Questa è l’impressione che si ricava davanti ad una persona ambigua, che ha un comportamento non facilmente comprensibile, su cui si comincia a nutrire qualche sospetto, che potrebbe attenere alle sue reali intenzioni o al suo modo di essere, non sincero, o addirittura mettere in dubbio le sue qualità morali. Lo stesso avviene di fronte a parole non chiare, che possono essere interpretate in modi diversi o ad uno scritto, che letto più volte, si apre sempre a nuovi significati.
L’ambiguità non sempre è un dato negativo; nel campo dell’arte, una certa dose di ambiguità è stata sempre presente ad ha portato a volte ad esiti di altissimo valore. Il sorriso della Gioconda, il sorriso dell’ignoto marinaio di Antonello da Messina, lo sguardo in tralice di molti ritratti famosi, ne sono testimonianza.
Nella vita pratica, l’ambiguità può essere una risorsa quando si voglia esprimere un sentimento di neutralità, mentre può diventare un pericolo, nei casi di finta neutralità o addirittura di doppiezza da parte di altri, la quale poi può assumere diversi aspetti, di provocazione, irrisione o arroganza.
L’ambiguità può anche sfociare in un comportamento equivoco. Quest’ultima parola, di origine latina con “aequus” che vuol dire “uguale” e “vocare”, “chiamare”, merita un po’ di approfondimento. “Equivoco” si contrappone ad “univoco”, che significa “cosa che ammette un solo significato”, in quanto ha la qualità inversa, che può avere due o più significati. Il che può creare imbarazzo.
Secondo alcuni linguisti, l’equivoco è sempre possibile, già solo perché vi è una barriera tra il modo di esprimere il proprio pensiero da parte di chi parla, per cui a volte quel che viene detto già non corrisponde esattamente a quello che è stato pensato e il modo di ricevere l’informazione di chi ascolta che può facilmente fraintendere ciò che stato detto.
Infatti si può cadere in equivoco, avendo inteso un discorso in un senso, mentre andava interpretato in un altro senso. In questo caso l’equivoco è un errore. Ma si può anche essere ingannati da un comportamento volutamente equivoco. In questo caso il giudizio si estende alla persona dell’agente, che denota qualità di bassa moralità, se non di nascondere qualcosa di sordido nell’animo. Allora si dice del soggetto che è equivoco.
Ma c’è un altro aspetto ancora che merita di essere esplorato ed è quello della enigmaticità. Enigma, dal greco “ainigma” e dal verbo “ainissomai”, che vuol dire “parlare copertamente”, non è il mistero, né l’incerto, ma il nascosto. L’enigma non si risolve con la semplice comprensione, ma va scoperto, ne va cioè scovato il senso riposto. Lo stesso avviene con la cosa criptata, per la cui comprensione, è necessario conoscere il codice di decifrazione.
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