A PROPOSITO DEL CODICE
Caro Valter, sono sopraffatto ed ammirato dall'abbondanza di argomentazioni che porti a favore della tua tesi e ti assicuro che sono perfettamente d'accordo con te su quasi tutto. Mi rimane un dubbio su un punto: tu dici che si tratta di una questione di "daimon" e di "ergon", ma a me sembra che se concettualmente si possa ammettere che un uomo "nasca" musicista, che cioè il proprio compito nella vita sia quello di produrre musica, non sia altrettanto possibile che uno "nasca" comunista, che cioè la sua essenza consista nell'aderire ad una ideologia politica o economica. Comunista si diventa e dopo aver maturato una coscienza sufficiente e si può anche cessare di esserlo, come è stato per tanti; e non parlo dei riciclati in altri partiti per opportunismo, né dei disillusi che hanno subito un processo di regressione politica, ma di quelli che si sono convinti che ormai il comunismo ha esaurito la sua carica propulsiva ed hanno deciso di passare ad altre forme di politica attiva, conservando nell’animo le antiche motivazioni di carattere sociale che erano alla base della loro credenza. Tanto più da quando abbiamo appreso quanto queste ideologie siano caduche. Faccio fatica ad immaginare che dopo la caduta del comunismo, qualcuno possa fare di quel che rimane di immortale di una idea, come certamente è per il marxismo, questione di vita o di morte, ritenendola parte essenziale del proprio essere.
Mi pare di capire che tu ritieni comunque quanto affermato a questo riguardo alquanto casuale e forse non del tutto voluto, cosa detta più per scherzo che per una reale convinzione, ciononostante, però, riconfermata almeno in parte, data l’intima essenza (ma qui l’espressione è generica, non tecnica) del tuo amico, che di questo carattere ha fatto effettivamente un caposaldo del suo essere.
Mi torna ora in mente il caso di un mio amico, Alfredo Cafardi, morto qualche tempo fa, il quale da socialista quale fu per tutta la vita, al suo funerale laico volle che risuonassero le note dell’Internazionale. Omaggio ad una fede mai abbandonata, nonostante le vicende alterne, per così dire, del partito nel quale aveva militato per tanto tempo. Ma era quello un onore reso ad una idea che si riteneva immortale, mentre il suo animo, non immobile, aveva seguitato a vivere la politica del suo tempo, pur nello sconforto di quanto stava accadendo. Ma Alfredo è rimasto Alfredo nella sua essenza, fino all’ultimo giorno della sua vita, per tante altre caratteristiche. Questo è pragmatismo, dirai tu.
Confesso che dell’essenza ho ancora un’idea che non ha contorni ben definiti. Quella che proponi tu, del codice genetico, un’essenza individuale, come il DNA, e non, in generale, un’essenza del genere umano, è un’idea che debbo ancora maturare. Condivido quindi la proposta, da te adombrata, di tornarci su, prossimamente.
Opera di Franco Angeli, presso "Nascita di una nazione", Firenze 2018 |
Mi pare di capire che tu ritieni comunque quanto affermato a questo riguardo alquanto casuale e forse non del tutto voluto, cosa detta più per scherzo che per una reale convinzione, ciononostante, però, riconfermata almeno in parte, data l’intima essenza (ma qui l’espressione è generica, non tecnica) del tuo amico, che di questo carattere ha fatto effettivamente un caposaldo del suo essere.
Mi torna ora in mente il caso di un mio amico, Alfredo Cafardi, morto qualche tempo fa, il quale da socialista quale fu per tutta la vita, al suo funerale laico volle che risuonassero le note dell’Internazionale. Omaggio ad una fede mai abbandonata, nonostante le vicende alterne, per così dire, del partito nel quale aveva militato per tanto tempo. Ma era quello un onore reso ad una idea che si riteneva immortale, mentre il suo animo, non immobile, aveva seguitato a vivere la politica del suo tempo, pur nello sconforto di quanto stava accadendo. Ma Alfredo è rimasto Alfredo nella sua essenza, fino all’ultimo giorno della sua vita, per tante altre caratteristiche. Questo è pragmatismo, dirai tu.
Confesso che dell’essenza ho ancora un’idea che non ha contorni ben definiti. Quella che proponi tu, del codice genetico, un’essenza individuale, come il DNA, e non, in generale, un’essenza del genere umano, è un’idea che debbo ancora maturare. Condivido quindi la proposta, da te adombrata, di tornarci su, prossimamente.
Caro Bruno, è sicuramente velleitario pensare di riuscire a catturare l'essenza di una persona con una parola, un'idea e, meno che mai, un'ideologia. Volendo parlare di comunismo con riferimento alla natura profonda di un individuo,
RispondiEliminanon bisogna quindi prendere il termine troppo alla lettera, nè questa era chiaramente la mia intenzione.
Rimango tuttavia convinto del fatto che tale tipo di natura umana, di genio, esista concretamente, e cercherò quindi di provare a spiegarmi meglio.
Credo concorderai che esista una predisposizione innata, un talento, nel fare l'imprenditore, un'attitudine che più o meno tutti abbiamo avuto modo di riscontrare tra qualcuno dei nostri parenti e conoscenti, non volendo citare i soliti casi di successo riportati dai media.
Che cos'è l'essenza dell'imprenditore se non quella di coltivare il proprio successo nella società affermandosi sul mercato con la vendita dei propri prodotti o servizi?
L'animo dell'imprenditore è dunque competitivo; egli sa che all'affermazione dell'uno deve necessariamente contrapporsi la sconfitta di qualcun altro, ma ciò non lo turba, in quanto egli è intimamente convinto che sia giusto che al mondo vinca sempre e comunque il migliore, e si sente personalmente pronto alla sfida.
L'imprenditore odia quindi i partiti, che finiscono sempre ingabbiare l'impeto e il talento dei singoli. E'individualista e liberista.
Ebbene, il daimon del comunista è esattamente il contrario di quello dell'imprenditore.
In questo caso abbiamo di fronte un individuo che non ha indole competitiva quanto cooperativa, per cui il fatto di essere riuscito a conseguire una condizione di personale agiatezza non è sufficiente a decretarne fino in fondo la felicità, se ad essa si contrappone una situazione di generale disagio economico e sociale.
A differenza dll'imprenditore, inoltre, il comunista non crede che al mondo debba vincere sempre e solo il migliore, ma che nessuno vinca se non vincono tutti. E' di conseguenza pronto a impegnarsi in prima persone a difesa della causa dell'uguaglianza sostanziale, e non meramente formale, nella società, anche accettando di sacrificare le proprie personali prospettive di carriera.
Il comunista crede nei partiti e nelle istituzioni, non è individualista e accetta di buon grado di anteporre ai propri interessi quelli delle strutture politiche di apparteneza e della collettività nel suo insieme.
Quando dico che il mio amico è un comunista nato intendo quindi esattamente ciò, non la mera adesione a un dettato ideologico o a una data forma di stato e di governo dell'economia, per come si è storicamente manifestata nel secolo scorso.
Condivido quanto affermato, partendo dall'inizio: è necessario tener conto che non tutto va preso alla lettera. Le mie idee al riguardo sono meno definite delle tue, per cui nell'intenderle bisogna accordare un certo grado di elasticità, come giustamente dici.
Elimina