LA SETTIMA ONDA

Ci sono giorni, dove il vento
ha la criniera e s'attarda fra le mie mani.
E mi pare allora di abbracciare la tua voce.
C'è una leggenda dei Caraibi che dice
che se ti siedi in riva al mare a contare le onde,
la settima è sempre la più grande.
E l'amore è la settima.,
[OMISSIS]
Ci sono giorni, dove i pensieri
stanno in piedi in riva al mare, e si può solo
volgergli le spalle per sentire la settima onda
arrivare - senza avere paura - ché tanto l'onda
arriva, ma dopo un attimo se ne va.



Ho tratto questo stralcio di poesia dal blog di Frida (ciao Frida, complimenti). Ci sono espressioni che fanno parte dell’immaginario collettivo che vivono in noi da quando, bambini, le abbiamo sentite per la prima volta e che di tanto in tanto ci tornano in mente, riportandoci a quei tempi, con il medesimo fascino e la stessa emozione di allora. Ci fanno illudere di essere ancora capaci di sentire, nonostante il tempo abbia cancellato ogni traccia della nostra primitiva permeabilità. L’età porta con sé il pianto per fragilità dei nervi, e insensibilità per cute rugosa.

Cammino portoghese (Senda Litoral) 2018

La settima onda rappresenta per me una chiave magica un talismano per riaprire quel cofanetto nel quale sono rimaste chiuse tutte le fantasie del ragazzo che ero, che ho dimenticato per strada. Un patrimonio di grande valore, custodito in fondo al mare. Insieme ai tesori delle navi corsare, affondate con le loro ciurme irrequiete.

La settima onda, nella leggenda che conoscevo io era quella sulla quale cavalcava la morte. Temuta dai marinai, i quali sapevano che essa poteva arrivare in ogni momento, perché in mare aperto, è impossibile contare le onde e stabilire quale sia la settima o l’ultima.

Durante le notti di bufera, tra il balenare dei lampi, e la furia dei marosi che spazzano il ponte della nave, portando via tutto quanto non sia ben saldo, compresi i marinai che non si siano legati strettamente all’albero di maestra, par di sentire il canto delle sirene ammaliatrici, che precedono l’ultimo respiro e le onde che si accavallano selvagge, la prima, la seconda, la terza…ed infine la settima, che ci travolgerà tutti in un unico destino. Ma ecco che la nave, con le vele ridotte a stracci, riemerge dall’abisso di quest’ultima montagna d’acqua e riporta in alto la prua, pronta ad affrontare altri attacchi. La morte per il momento si è accontentata solo di una vittima, strappata dal suo posto e travolta in mare nel buio della notte.

L’amore è ugualmente travolgente, ma per fortuna, passa. Come l’onda che si abbatte sulla riva, si schianta, corre, si sparge e torna indietro.

Frida, l’autrice dei versi che precedono, parla di quest’altra leggenda che parla di amore. Ma qui siamo a terra e le onde sono quelle di risacca e il vento può “attardarsi fra le mani”. Indifferentemente. Facile trovare l’amore e perderlo contemporaneamente.

Al destino non si sfugge; il destino è il Signore che “viene di notte come un ladro” per i cristiani, è la sorte per altri, il caso, l’imponderabile per altri ancora. E’ il proiettile che porta inciso in nome del destinatario, secondo i pistoleri del Far West, oppure una corsa verso Samarcanda, dove quella ti aspetta o l’ultima mossa, errata, sulla scacchiera, del cavaliere del Settimo Sigillo di Ingmar Bergman, che così si giocava la vita, perdendo la partita finale ingaggiata con la Morte.

L’idea della Signora con la veste nera che svolazza al vento, e la falce alta sopra una spalla, che cavalca un’onda gigantesca, correndo sul mare è quanto mai attuale in questi tempi di naufragi continui, di barconi e gommoni carichi non di forzieri colmi di oro, come ai tempi romantici della pirateria, ma di centinaia di uomini, donne e bambini, che sono i nuovi schiavi, lasciati inermi a morire tra le onde del mare nostrum diventato mare mostrum. E non è quello dell’amore. E noi stiamo sulla riva, le spalle girate al mare. Senza più occhi per guardare e nemmeno per piangere.

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