INDIVIDUO
Caro Bruno, volevo innanzitutto ringraziare te e Giuseppe per avere condiviso con noi quel delizioso e intrigante almanacco che è lo Zibaldino
A questo punto, volevo provare a fare un passo avanti e proporre anch’io una parola da porre sotto la tua lente d’ingrandimento. Il vocabolo in questione è Individuo.
In particolare mi piacere sapere se, oltre al consueto significato di ciò che non si può ulteriormente suddividere, ne esista una seconda accezione, nel senso di ciò che non si deve separare, che deve rimanere unito alla sua matrice di provenienza.
Grazie mille per l’attenzione e buona serata,
Valter
Caro Valter,
Quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare. Non è questo il caso. Ti ringrazio per avermi proposto un quesito che farebbe “tremare le vene e i polsi” anche al più scafato paroliere, capace di destreggiarsi di fronte a qualsiasi imprevisto con cautela e bravura per non cadere nel banale o nel troppo sofisticato. Confesso di non essere sicuro di aver capito bene il quesito che nella sua apparente innocenza, chiama in causa tutta una serie di nozioni appartenenti alle così dette scienze umane. E quindi, nel tentare una risposta, in realtà potrei correre solo il rischio della prima eventualità, essere banale, non avendo i requisiti per temere la seconda.
Come hai detto già nel testo del quesito, per individuo si intende ciò che non può essere diviso. Dal latino in privativo e dividuus, diviso, significa ciò che non è divisibile. A sua volta derivato dal greco a(lfa) privativa e temno, che vuol dire taglio. Qualunque cosa che non possa essere tagliata, un uno in sé. Viene da pensare all’indivisibilità dell’atomo ampiamente sconfessata, la cui scissione ha portato alla scoperta di una potenzialità distruttiva capace di porre fine al pianeta. Nel nostro caso possiamo solo immaginare, con una ulteriore divisione, di distruggere la nozione di individualità.
Prima di altri interrogativi, cerchiamo di capire bene cos’è questa individualità. Con riferimento soltanto alla massa degli umani, rispetto a tutte le altre esistenti, possiamo dire che l’individuo uomo è l’unità formata da un solo soggetto, considerato separato dalla massa degli altri, dotato di requisiti suoi propri che lo rendono diverso e differente da ogni altro individuo della stessa specie. Ciò che distingue un individuo da un altro è la personalità di ciascuno, unica ed irripetibile.
Strettamente legato al concetto di individualità è quello di identità, che sarebbe la ricerca di quello che siamo o che vogliamo essere di fronte agli altri. La parola viene da idem latino, che vuol dire il medesimo. Il concetto che ci facciamo di noi stessi rispetto agli altri. L’identità può mutare col tempo, un po’ come il carattere delle persone.
Il concetto di individualità parte dalla persona umana, che nel teatro antico era la maschera che indossava l’attore sul palcoscenico. Per ogni personaggio una maschera. Ogni maschera celava un archetipo. Ogni archetipo una serie di individui, distinti tra loro. Anche noi oggi indossiamo le nostre maschere, nella vita e ne abbiamo ben più di una, a seconda dei luoghi, delle funzioni e delle circostanze in cui ci troviamo. Le Maschere Nude del teatro di Pirandello ne sono un esempio preclaro.
Anche sotto questo aspetto, la scienza ha contraddetto questo dato di natura, dell’individualità, che è l’irripetibilità di una stessa individualità in più persone, visto che ora le personalità possono essere riprodotte con le stesse caratteristiche dell’originale, con i metodi della clonazione, con conseguenze inquietanti, dal punto di vista etico, quando fossero applicati al genere umano. Per altro verso, con l’avvento della rivolta digitale, come dice Baricco, si è creato un altro paradosso, che è sotto osservazione da parte degli esperti di informatica che è quello della c.d. individualità di massa che non è un ritorno alle origini, cioè un rientrare dell’individuo a confondersi nella massa, ma una massa formata da individui informati e connessi con i moderni mezzi di comunicazione l’uno all’altro anche in forma anonima.
Poniamoci ora la domanda se oltre a quanto già detto, si possa ipotizzare un grado ulteriore di individualità che presupponga la necessità di non dividere oltre, di non andare oltre l’individuo, come potrebbe essere l’individuo scisso, l’individuo multiforme. Ma non nella maschera, che sappiamo mutevole, bensì nella radice, nella sostanza.
La storia, la politica, hanno conosciuto più tipi di uomini dissociati. Ma soprattutto questo è il campo della letteratura. Lo Strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde è solo il punto di arrivo e il punto di partenza di una lunga riflessione dell’uomo sulla sua natura interiore e le sue distorsioni.
Non credo di avere risposto alla tua domanda, ma, se non altro, abbiamo un po’ ampliato il tema. Spero di avere da te qualche ulteriore delucidazione.
Wolters Di Giacinto Grazie
mille Bruno, per la tua disamina come sempre puntuale ma anche ricca
(ricchissima in questo caso) di spunti di approfondimento. Ammetto di
aver fatto qualche riflessione in proprio sul tema (il concetto di
individuo alla fin fine dovrebbe essere
il cardine di una società cosiddetta individualista come la nostra). Ma
devo dire che dal tuo approfondimento sono emersi aspetti a cui non
avevo proprio pensato. In primo luogo: questa presunta indivisibilità
esiste veramente, o tutto non è piuttosto ulteriormente divisibile. E
qui il parallelo che fai tra l'atomo dei fisici e l'atomo degli
psicologici è illuminante. C'è poi quello della replicabilità, come nel
caso della clonazione fisica (ma che dire della clonazione virtuale,
che è già oggi possibile attuare dando vita ad avatar digitali nel web).
E qui viene implicitamente a galla il mio secondo punto. Da dove viene
l'individuo? Da che cosa è stato diviso? E si è veramente distaccato o
in qualche misura è rimasto collegato all'intero da cui proviene? Ad
esempio, i batteri procarioti si riproducono proprio così,
auto-clonandosi. Quello che era uno, diventa due, quattro, otto, e così
via. In che misura si può parlare di individuo in una colonia di
batteri? Madre Natura, nella sua infinita provvidenza, ha fatto sì che
le copie non siano sempre perfette, in maniera da disporre di una certa
varietà nelle popolazioni. L'individuo sotto queste condizioni sarebbe
quindi meramente frutto del caso. Ma può bastare questo a dargli una
consistenza ontologica autonoma dalla colonia? Il caso dei mammiferi è
appena un po' più complicato; qui le replicazioni cellulari sono due
(madre e padre) e c'è un dimezzamento preliminare al ricongiungimento
dei gameti nell'accoppiamento. Anche qui, in che misura si può dire che
il figlio è individuo altro dai genitori? E dai genitori dei genitori?
Basta il caso (che qui agisce anche nella scelta dei genitori)? E se
l'individuo non è altro dai propri genitori e dai suoi figli (la
Discendenza!) cosa vuol dire allora in concreto nascere e morire?
Bruno Aielli Caro
Valter, Totò avrebbe detto "alla faccia del cacio cavallo", tu sì che
hai scavato a fondo in questa materia e te ne sono molto grato. E' la
prima voce che si alza alta sul livello (piatto) dello Zibaldino. Ti
prego di trasferire quello che hai scritto nei "commenti" del blog, a
dare lustro. Spero nella tua collaborazione futura.
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