ADEGUARSI

Poco tempo fa è stato dato risalto sui giornali alla notizia, per la verità già altre volte propalata e poi smentita, di recenti studi che avrebbero portato ad accertare che sulla luna si trovi o si sia trovata in altri tempi l’acqua. Io, invece, che, forte delle mie scoperte sull’acqua che l’aveva fatta da padrone sulla origine di parole come scialacquare, liquidare, dileguare, mi ero impegnato a trovarne le tracce anche nel verbo transitivo ed intransitivo, “adeguare o adeguarsi”, debbo ammettere di non averne trovata alcuna, benché nelle definizioni che di essa si danno, quella voce verbale, che significa “rendere uguale”, “prendere la stessa forma”, di per sé non sarebbe contraria al modo che è proprio dell’acqua di conformarsi al luogo dove si trova.

Maurizio Ferrini (da Google)

L’adeguamento è un piegarsi, adagiarsi, conformarsi, facendo talvolta buon viso a cattiva sorte, rispetto ad una situazione venutasi a creare, la quale richiede, per essere superata, un accomodamento.

Nel periodo (felice?) in cui il Partito Comunista era in Italia egemone della sinistra e dettava legge ai propri iscritti, anche dalle colonne dell’Unità, giornale organo del partito, andava di moda tra i detrattori di quella formazione politica, rimbeccare nelle discussioni al bar, le affermazioni di militanti che non si attenevano strettamente al pensiero unico, dicendo: ”Hai ragione compagno, ma l’Unità non lo dice”. Per stigmatizzare il fatto che tutti quelli che si dichiaravano comunisti erano allinearti alla linea ufficiale del partito.

Lo stesso avvenne con un personaggio creato dal comico Maurizio Ferrini, in una fortunata serie televisiva di spettacoli di varietà, andata in onda nel 1985, condotta da Renzo Arbore, dal titolo “Quelli della Notte”, in cui lo stesso comico interpretando il ruolo di un iscritto al partito, criticava le decisioni dello stesso, dicendo però alla fine, “Non comprendo ma mi adeguo”.

Questo dunque, l’adeguarsi, che differisce dal sinonimo “adattarsi”, per alcuni, significativi particolari. In realtà, nel linguaggio comune, i due termini vengono usati indifferentemente, e c’è chi non vede nessuna differenza tra l’adeguarsi e l’adattarsi. Nel campo della scienza, invece si è fatta questa distinzione che acquista un’importanza non indifferente, anche al di fuori di un discorso strettamente tecnico.

L’adeguamento allora si avrebbe quando si debba far fronte ad un cambiamento occasionale e di breve durata (si è cercato di quantificare questa durata in un tempo relativamente breve, circa una settimana in cui, per esempio, si verifichi un periodo di freddo eccezionale che costringa ad indossare abiti più pesanti, appunto “adeguati”). E sarebbe quindi un modo passivo di conformarsi a seconda delle necessità.

L’adattamento, invece, sarebbe qualcosa di molto diverso, cioè, un modo attivo di reagire a mutate condizioni di vita che si generano nel processo evolutivo, in base al quale, le creature viventi di adattano, trasformandosi, oppure periscono. Ciò può avvenire soltanto in periodi di tempo molto più lunghi, si è fatto l’esempio di un mese, ma mi sembra riduttivo, in quanto si tratta di trasformazioni come potrebbero essere quelle verificatesi nelle ere geologiche e non di semplici cambiamenti, come avviene nella normalità dell’avvicendarsi delle stagioni. Se però si tratta di un vero e proprio mutamento climatico, come sembra essere quello che stiamo attraversando in questo periodo, allora le tattiche di adeguamento verrebbero sostituite da strategie di adattamento.

L’adeguamento richiede provvedimenti temporanei per il superamento dell’emergenza, mentre per l’adattamento è necessario sviluppare qualità di resistenza al cambiamento e di assuefazione alla nuova condizione.

Se, nell’affittarmi una casa, tu proprietario mi poni delle condizioni, mettiamo niente cani e gatti, io debbo adeguarmi se voglio concludere il contratto. Se, stipulato e registrato l’atto, mi accorgo che l’appartamento è piccolo per le mie esigenze, dovrò adattarmi: o mi accontento o pago le penalità e cambio casa.

Durante un periodo di guerra, indipendentemente dalla durata che essa può avere, la popolazione civile è costretta ad adeguarsi giorno per giorno agli avvenimenti che si susseguono. Una volta finita la guerra, sarà giocoforza per le popolazioni dei paesi ex belligeranti, adattarsi alla situazione nuova che si sarà creata a seguito delle perdite, delle distruzioni e dei guasti creati dalla guerra stessa.

Gli esempi potrebbero continuare, ma rimane il sospetto che i due termini potrebbero essere interscambiabili senza eccessivo danno per la lingua. Per esempio, se Mario si rompe un menisco giocando a pallone, durante il periodo pre e post operatorio, più quello occorrente per la riabilitazione, si dovrà adeguare alle limitazioni di mobilità conseguenti. Se una volta finita la riabilitazione, residuerà una leggera zoppia, Mario dovrà adattarsi a convivere con la sua parziale menomazione. E se volesse adattarsi alle limitazioni temporanee e adeguarsi alla menomazione permanente, chi potrebbe interloquire?

In questi casi, meglio lasciarsi guidare dall’intuito: mi atterrei ad un criterio unico: adeguarsi è sempre possibile, meglio se non per un tempo indeterminato, non per tutta la vita. Adattarsi si presta anche al breve periodo, ma predilige il lungo termine o l’irremovibilità della situazione.

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