LA DISCENDENZA 10

Zio Remo, ragioniere, il fratello minore di nostra madre, era il più mite degli uomini. Ultimo della casata Bernardi, al contrario di Anzino che era il primo, menò una vita tranquilla, molto domestica e benché occupasse nell’ambito cittadino una posizione apicale,  Ragioniere Capo della Provincia, conservò sempre un atteggiamento modesto, quasi da impiegato con la mezza manica. Di statura piuttosto piccola, portava occhiali da vista che gli conferivano, insieme al suo comportamento generale, un’aria da intellettuale un po’ distratto, come chi insegua pensieri non ancora ben definiti, di cui si vorrebbe conservare la memoria per un’elaborazione successiva, in un momento di interiorità al di fuori della contingenza. Aveva sposato Vanda, una nobildonna bionda slavata, della famiglia Cerulli,  piuttosto appartata rispetto al resto dei parenti, di cui sapevamo ben poco. Si sforzava di apparire tranquilla, ma sotto sotto mostrava un nervosismo inquieto, che la faceva essere sempre un po’ imbronciata. Il loro, appariva un connubio piuttosto strano. Dei figli, Dario il primo, un ragazzo molto intelligente, gracile di costituzione, il petto un po’ incavato, era tormentato da dubbi e pensieri profondi, che gli procuravano una perenne insoddisfazione della vita ed un’inquietudine intellettuale che lo portavano a rifuggire le compagnie che non fossero di ragazzi della sua stessa indole. Le sorelle, due gemelle nate a distanza di qualche anno dal fratello, Anna e Maria, rassomigliavano molto alla madre.

Jack Daniel's

A quel tempo, c’era l’usanza, tra tutti i nostri parenti, di scambiarsi visite a carattere familiare. A casa nostra poteva capitare che un giorno venissero quelli della famiglia Pilotti, un altro i Parmegiani, un altro ancora i Bernardi, appunto, zio Remo, zia Vanda e le figlie; di Dario non ricordo che sia mai venuto con loro. Queste visite avvenivano di pomeriggio e potevano protrarsi per qualche ora. In genere non erano completamente disinteressate. In realtà zia Gina sapeva cucire a macchina e spesso, con l’occasione, molti approfittavano per commissionarle piccoli lavori di cucitura, che la buona zia sbrigava all’istante se si trattava di poca cosa, oppure trattenendo i capi, per procedere a lavorarli in un secondo momento. Il ritiro avveniva con una visita successiva. Zio Remo, quando zia Gina si metteva alla macchina da cucire, aveva l’abitudine di sederle accanto, con una sedia in bilico ed un gomito appoggiato ad un lato della macchina e mentre chiacchierava con lei, si concedeva il lusso di una o due sigarette, che fumava con una strana avidità. Ad ogni boccata di fumo, gonfiava le guance, come dovesse masticare e poi inghiottire il fumo che aveva aspirato. Mio fratello e io passavamo del tempo ad osservarlo ed eravamo convinti che lui il fumo se lo mangiasse. Infatti, non lo tirava mai fuori, se non a distanza di tempo ed in quantità minima, sebbene dopo ad ogni respiro, un sottile filo di fumo fuoruscisse dalle sue narici. Ho cercato di far capire che, per una serie di circostanze, la famiglia Bernardi fece vita separata rispetto a noi e agli altri parenti. Da una parte sentivamo la lontananza nei confronti della zia, che ci appariva una “straniera”, dall’altra il carattere dello zio Dario ed un po’ anche delle gemelle.

La vita della zia fu funestata da alcuni episodi tragici che fecero saltare del tutto il precario equilibrio psicologico della povera donna. Un suo fratello, al quale era molto affezionato, si suicidò ed io sentii che la zia diceva sottovoce che la motivazione del gesto inconsulto era da ricercare nel fatto che il fratello, ancora in età abbastanza giovane, si era accorto di stare diventando impotente. Questo evento scosse la già turbata coscienza di Vanda, che, credente, divenne scettica. Dopo alcuni colloqui avuti con nostra madre, che era fervente religiosa, sembrò riprendersi ed ella ricominciò a frequentare la chiesa con un fervore religioso crescente, che divenne a parer mio la spia di un disagio sempre più forte, forse una vera e propria psicosi. Il colpo più grave fu la morte improvvisa del marito. Lo zio Remo una sera, uscito dall’ufficio, si recò a casa, come ogni sera, ma quella volta fu l’ultima. Colpito da infarto, cadde e morì nel giro di pochi minuti, gettando la famiglia nella più profonda prostrazione. Il un’atmosfera di tregenda, ci recammo in casa Bernardi, dove tutto era sottosopra. Io non vidi lo zio, ma mi ritirai nello studio, un ambiente pulito e sereno dove si respirava un’aria più sana. Con grande ammirazione vidi la sua bella libreria dove erano molti libri di pregio. Posato sullo scrittoio, c’era un pacchetto aperto a metà. Conteneva una bella edizione in tre volumi delle opere di Shakespeare, in carta india finissima, con una stampa a caratteri molto nitidi e legatura in pelle. Mi commossi all’idea che lo zio non avesse avuto la possibilità, quella sera e mai più, di godere del piacere tutto spirituale di passare qualche ora in compagnia di quel nuovo acquisto, che denotava un animo sensibile ed un gusto della ricercatezza, cosa di cui probabilmente non vedeva l’ora di cibarsi, la sera, nella serenità della sua abitazione. Da quella volta, il sentimento religioso della donna fu del tutto annullato e lei da quel giorno non fece che professare un assoluto nichilismo, che non era ateismo, ma procurava guasti maggiori: dichiarava di non credere più a niente e questo significava che oltre alla fede aveva perduto anche il senso affettivo. Per fortuna visse per un tempo non tanto lungo, così da non dover registrare anche la morte del figlio Dario, avvenuta anni dopo, ad un’età certamente non avanzata.

Anche Dario fumava in modo voluttuario ed amava il buon whisky. Grande lettore di libri e amante della musica. Alcune volte era venuto a casa mia insieme al suo amico Augusto De Albentiis, un raffinato gentleman, rosso di pelo, che si votò in seguito alla carriera militare; erano venuti ad ascoltare con molta attenzione alcuni dischi che avevo comprato in uno dei frequenti viaggi che allora facevo a Roma per frequentare l’Università. Tra gli altri “Don’t Blame Me” di Charlie Parker e “Birth of the Cool” di Miles Davis. L'ultima volta che l'ho visto gustava un Jack Daniel's alle dieci del mattino e mi disse: “Se guardi bene tutto ciò che rende la vita piacevole è vietato oppure fa male” ed aggiunse meditabondo “Perché deve essere così? Che senso ha? Pensa: l’amore, le donne sono fonte di malessere, l’alcool è vietato, il fumo, ultimo rifugio per chi si sente solo, produce mali irreparabili. Che senso ha vivere così?”. Morì tempo dopo per un tumore alla gola.

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