DEL LEGGERE

Ma che per davvero-davvero c’è qualcuno che pensa che con l’avvento del libro virtuale-elettronico, sia giunta la fine del libro cartaceo? Sarebbe un lettore senza anima. Io non riesco ad immaginare un mondo senza il libro di carta, le biblioteche vuote, le case senza librerie. Sarò un sentimentale, ma non chiamatemi fanatico. So bene cosa vuol dire avere anche un libro elettronico.

Da "On reading" di A. Kertesz

Il mio Kindle è di prima generazione – niente touch, né retro illuminazione – ma a me va bene così. Non sono tra quelli che vogliono per forza l’ultimo prodotto della tecnologia, né d’altro canto appartengo a quella genia di appassionati bibliofili che si inebriano col sentire l’odore della carta stampata, il fruscio dei fogli o con abilità da rabdomante, riescono a “sondare” gli effetti della sensazione tattile e visiva, del libro aperto, con tutte le pagine numerate, così ben disposte da una parte e dall’altra della costola di qua quelle già lette di là quelle ancora da leggere, per i quali il piacere della lettura si trasforma in una sorta di feticismo letterario. Ho superato quella fase da neofita intransigente e supponente. La mia è quella che chiamerei una lettura matura. Perché tranquilla; non ho liste interminabili di titoli da “abbattere” e non corro dietro a tutte le novità. Non pretendo di abbracciare tutto, di capire di più, mi basta semplicemente godere di quella pace che è come una contemplazione senza ansia, un po’ endemica nei vecchi.

Eppure debbo dire che l’e-book come pure l’audiolibro, stanno crescendo molto, ma fanno un altro percorso non costituiranno mai una seria minaccia per il libro cartaceo. E’ il tipo di lettura che è diverso. Parlo per me; è forte la sensazione che tra le parole stampate sulla pagina e quelle che compaiono con un clic sullo schermo del libro elettronico vi sia una differenza: queste ultime sono volatili, i concetti veicolati più labili, il contenuto di minore interesse, manca il contatto fisico; quello che sto leggendo è meno “mio” di quanto non sia con un libro-libro, che si tocca, si accarezza, si ama. Si “possiede”.

Qui è come stringere un corpo, anziché vederlo in TV ed allora lo spogli, piano piano, lo sfiori, ne osservi la copertina, leggi i risguardi, ammiri il carattere tipografico, la disposizione grafica, i margini, la pagina che ti deve conquistare a prima vista, i titoli, i capitoli, la numerazione dei fogli, le note e gli indici, fin quando inizi la lettura e questo è il momento di assoluta felicità: si apre un sipario e ti addentri in un nuovo mondo dal quale ti aspetti molte sorprese.

Tutto ciò a me non succede con l’e-book. Lì è come se la mente facesse fatica a prendere sul serio quello che per magia elettronica appare scritto e tra me ed esso si crea un’atmosfera di estraneità. Se mi permettete un’immagine un po’ sgradevole, è come stare a letto con una bella donna o con una bambola gonfiabile.

In genere finisco sempre di leggere il libro che ho iniziato, anche se non mi piace, anche con grande sforzo, perché sono abituato a non esprimere giudizi prima di aver ultimato la lettura, non mi sembra giusto non dare all’autore la possibilità di essere valutato per l’opera intera. Salvo casi rarissimi in cui proprio non ce l’ho fatta.

Invece, da quando ho il Kindle, ormai molti anni, non sono pochi i libri letti a metà o addirittura mai aperti, lasciati per così dire “intonsi” (ecco un termine che non si adatta al libro elettronico, essendo questo un piacere provato solo dai lettori più anziani che hanno conosciuto i libri, fatemi inventare l’aggettivo, “tonsi”, per dire di quelli che si dovevano sfogliare col tagliacarte). E non stiamo parlando dei tempi di Gutemberg, né degli incunaboli.

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