COLLOQUIO

La voce e la parola sono gli strumenti che l’uomo ha per esternare i suoi pensieri e rapportarsi con i suoi simili, in uno scambio di informazioni, nozioni, dati che costituiscono un inesauribile flusso di comunicazione. La facoltà di parlare si esercita mediante l'eloquio, che è un latinismo derivante da "e" in funzione di "fuori" e "loqui", che vuol dire "parlare". Quindi il significato di eloquio è propriamente "parlare fuori", cioè tirare fuori le parole, quindi esprimersi e ancora più esattamente il modo che ognuno ha di parlare. Parlare, dialogare, colloquiare, conversare, chiacchierare, discorrere sono sinonimi, in quanto esprimono i vari modi in cui questa facoltà viene esplicata con piccole variazioni di metodo e di significato tra l’uno e l’altro termine.

Ologramma (realizzato da Valentina Aielli) - 2018

Colloquio viene da "colloquium", composto da "cum" e "loquio", cioè "parlo con", mentre  "dialogo" deriva da "dia" che significa "per mezzo di" e "logos" che in greco significa discorso. Quindi entrambi sono mezzi di comunicazione, ma il primo indica tra chi avviene lo scambio di informazioni, mentre il secondo con quale mezzo esso avviene (normalmente, la parola).

Conversare deriva dal latino "cum" più "versari", che vuol dire principalmente "trovarsi insieme", "trattenersi", e il suo significato è quindi quello di intrattenersi familiarmente con alcune persone, parlando del più e del meno. Dall’eloquio dunque si passa al colloquio, che è il modo di "parlare con" qualcuno e dovrebbe essere il termine più rappresentativo di questa carrellata di modi espressivi. Ma così non è, perché, rispetto alle altre forme di eloquio, il colloquio riveste connotazioni speciali che ne restringono l’uso a casi particolari e ben caratterizzati, anche se poi non mancano usi più generici e meno qualificanti.

In genere si preferisce questa parola, quando l’argomento di cui si parla è di una certa importanza e si fanno affermazioni veritiere; è un discorso che si svolge tra due o più persone, ma in numero comunque limitato. In genere l’argomento trattato è riservato e il colloquio si svolge a porte chiuse.

Il dialogo che è sinonimo di colloquio e può essere usato indifferentemente al suo posto, gode di una maggiore duttilità ed ha un più vasto ambito di applicazione: è il mezzo più usato per comunicare tra persone o gruppi di persone ed in genere è aperto a tutti. Ognuno esprime il proprio pensiero e lo scopo è quello di mediare tra le diverse opinioni e di trovare un punto di contatto sul quale si può convenire.

Il verbo conversare, svolge invece una funzione diversa: è l’arte nobilissima della socievolezza, come dire la dote che bisogna avere, in misura più o meno ampia, per vivere in comunità con gli altri uomini. Un modo garbato di rapportarsi. Per alcuni si limita al buongiorno e buonasera, per altri (avevo scritto "altre" e forse non sbagliavo), è motivo per avere la lingua sempre in attività, in un continuo rapportarsi anche con le pietre della strada. La conversazione a volte scade nella chiacchiera, che può diventare veicolo di pettegolezzi e maldicenze. E’ comunque connotata da una certa quale fatuità. Fra tutti i modi di espressione citati ed altri ancora esistenti, giova rimarcare le differenze sopra accennate tra il colloquiare e il dialogare, che furono subito evidenti anche al tempo dei romani. I quali in realtà fecero un uso molto parsimonioso , sia in letteratura, che (penso) nella lingua parlata, del termine "colloquium".

Anche da noi il colloquio è rimasto confinato ai margini del linguaggio burocratico per indicare l’ufficialità di certe situazioni ("il Presidente del Consiglio è a colloquio con il Presidente della Repubblica, su un tema delicato o di una certa gravità"), oppure come elemento di una procedura, colloquio di lavoro, colloquio di esame o come onorificenza ("ha ottenuto un colloquio con il Cardinale") e via discorrendo. Il colloquio spesso è autoritativo: c’è uno che parla per impartire ed uno che ascolta per recepire. In questi casi, più che di "andare a colloquio", sarebbe il caso di parlare di "essere chiamato a rapporto".

Il dialogo si apre al confronto. In senso ampiamente figurato si parla di dialogo fra le Nazioni, fra le grandi religioni monoteiste ecc. Il metodo del discorso dialogico è quello usato nei Dialoghi di Platone, e nel "Dialogo sopra i due massimi sistemi del Mondo" di Galileo Galilei. Ma resta, per fortuna, un ambito nel quale la parola colloquio ha ancora un significato più accattivante ed è quello della spiritualità ("stare in dolce colloquio con Dio", ha detto qualcuno) o dei sentimenti (il colloquio fatto a volte non di parole, ma di soli sguardi, degli innamorati) ed infine dell’intimità della propria coscienza (colloquio con sé stesso). Qui finalmente ritroviamo tutta la dolcezza del termine con la sua carica semantica di affabilità e comprensione che ne fa il più affidabile mezzo di comunicazione tra persone. Si dice "accettare il dialogo", come pure "colloquiare" per trovare un accordo.

Come sinonimo di "colloquio", viene proposto "abboccamento", che a parer mio, oltre che ridondante sembra - come dire? -  un po’ "sboccacciato", rispetto alla compostezza del prototipo. Il colloquio a volte è misterioso, ambiguo, sussurrato, (colloqui notturni fra congiurati), ma l’abboccamento può avvenire con un compare, il gatto e la volpe di Pinocchio o al massimo, con Fra’ Zizzero, che è l’ultimo del Convento ed è propenso a passare sopra a tutte le debolezze umane.

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