FESTIVAL

Amici che mi seguite o che, pur non seguendomi, mi avete concesso l'onore di qualche visitazione, con o senza apprezzamento di quanto vado da tempo scrivendo, sappiate che questo titolo è fuorviante.

Doppia tibia (antico strumento greco)

Il festival del quale voglio parlare non è un festival, ma un'invenzione, un piccolo marchingegno per dire ancora qualche parola sui miracoli dell'onomatopea, uno sfarfallio di termini che trasmettono il senso di ogni singolo rumore più o meno lieve che il nostro orecchio percepisce e si distingue dagli altri per la fonte da cui proviene e per la corrispondenza con la quale la parola ne restituisce il suono.

Sto parlando di una quantità di parole come bisbiglio, sussurro, di cui ho detto altrove, ma che hanno la caratteristica di terminare tutte con il dittongo "i-o", che ha la funzione di dare l'idea della continuità e della dinamicità del rumore intercettato.

Per capire meglio è opportuno dare una ripassatina alle particolarità del dittongo, parola che viene dal greco "diphthongos" che significa "con due suoni".

Il dittongo, come sapete, è costituito dalla vicinanza di due vocali che si pronunciano facendo scivolare la lingua da una all'altra di esse in modo rapido e in qualche modo insistito, sì da dare l'impressone che si tratti di una vocale unica.

Questa constatazione mi ha fatto venire in mente l'idea del festival, un festival delle parole, una girandola di termini per dire la stessa cosa, ma in modo diverso, con connotazioni distinte a volte inavvertibili. Quasi tutti con un dittongo finale: due suoni che si fondono, dopo essersi inseguiti.

Ho accennato altrove al "mormorio della foresta". Non è forse il dittongo finale a dare la sensazione del movimento alla scena? Il mormorio si percepisce come cosa viva, a volte più intenso con una punta di dolore al petto, come quando per un attimo manchi il respiro, a volte più tenue. Può cessare, di colpo, per una sospensione più o meno breve, poi riprende come prima.

Il dittongo è dinamico, non statico. Si addice particolarmente a descrivere l'azione, il suono in movimento. L'idea della percezione diretta, diremmo oggi, in tempo reale, in streaming.

Il mormorio non si spegne con la fine della parola, perché è continuo, rimane nelle orecchie, è la voce del vento nel cupo del bosco, a volte piacevole, a volte impressionante. Il fruscio, il brusio, sono suoni che evocano sensazioni più fragili; il fruscio è il lieve strofinio delle foglie mosse dal vento. Il brusio è un rumore indistinto, forse di voci, forse di insetti. Il pigolio è la voce flebile della gola di un uccellino, di pulcino. Lo sfrigolio o sfregolio è il rumore di due corpi ruvidi strofinati insieme. A me dà anche il senso dell’olio che frigge. Il gesso sulla lavagna. Il borbottio, con la reiterazione "bor-bor" è un singhiozzo che si ripete monotono, può essere quello di una fonte che sgorga a fiotti tra le pendici di un monte o la voce di un vecchio dissennato, seduto al sole in contemplazione del nulla. Il brontolio è il rotolare inquieto del tuono, cupo, insistente, che produce una vibrazione nell'aria ed annuncia la pioggia imminente.

Il trapestio è il rumore di molti piedi umani o zampe di animali che battono il suolo, muovendosi. Nelle vecchie cantine abbandonate il trapestio che si sente è quello dei topi che scorrazzano da una parte all'altra di un androne, con un lavorio incessante di zampette e denti da roditori.

Il ronzio è il rumore tipico prodotto dal movimento delle ali di un insetto. Se si tratta di uno sciame che si trasferisce da una sede all'altra, il ronzio diventa rombo, come quello di un aereo.

Il boato è simile all'esplosione di una bomba o come il rumore che accompagna un terremoto nella fase di passaggio dell'onda d'urto, una ventata che sembra uscire dalle viscere della terra. Notate che il boato ha anche un dittongo, nella parte centrale della parola.

L'elenco non finisce qui; stiamo parlando di rumori ed allora ecco, il rumorio, lo sgocciolio, il rotolio, che è qualcosa che rotola come per esempio, una botte rovesciata, nella stiva di una nave in un mare in tempesta, mentre la stessa nave è presa da un intenso rollio quando impatta con un'onda più alta delle altre.

Il ciangottio è termine di qualche interesse, come il verbo dal quale deriva, ciangottare. E' uno sballottare rumoroso e indistinto, come dice bene il termine dialettale "ciangotto", che è qualunque oggetto di poco valore, da disprezzare. Come un giocattolo rotto, inservibile.

Acciottolio è il rumore casalingo prodotto dal cozzare delle stoviglie nel lavello. Ed è accolto con piacere nel letto da chi è destato dall'acciottolio tipico di due tazzine pronte a ricevere il liquido nero e fumante del primo caffè e dal gorgoglio del liquido che sta già uscendo dal beccuccio della macchinetta, mentre l'aroma, intenso si spande per tutta la casa ed arriva alle narici di chi si è appena svegliato, con il buonumore di un giorno nuovo di zecca.

Con la nuova luce, i vecchi cari suoni; il pupo si è svegliato e reclama i suoi diritti con un balbettio allegro e vivace e perfino il gatto vuole inneggiare alla vita: si stiracchia con un miagolio prolungato ed accorre dalle parti della cucina; che abbia fame anche lui?

La sveglia sul comodino mi avverte con il suo ticchettio che il tempo fugge in fretta. Sono quasi le otto. Perbacco, tra poco debbo essere in ufficio, per il solito tran-tran quotidiano.

Tra un rimescolio confuso di pensieri nella mente ed uno sciabordio di sentimenti nel cuore, afferrò la borsa per il manico, un bacio sulla bocca alla moglie, un bacio sulla fronte del piccolo, miao-miao una carezzina al gatto, pure lui sull'uscio a salutare, ed uscì immemore di tutto. Già immerso nell'altra vita, quella al di là della saracinesca della rimessa. Qual'è la prima pratica all'ordine del giorno?

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