SORTE
La sorte, il fato, il destino, chiamatelo come vi pare, è quella cosa che secondo alcune credenze determina il corso della nostra vita e contro cui nulla possiamo fare se non soggiacere ad essa. Ma per la sorte in particolare esiste anche un ventaglio di altri significati, che ne fanno una parola molto versatile. "Essere in balia della sorte", "tentare la sorte", "ho avuto in sorte", "ci siamo divisi la sorte", sono tutte espressioni nelle quali la parola "sorte" assume un senso particolare.
Una volta inchiodato Gesù alla croce, i centurioni si giocarono a sorte la veste che indossava il condannato, che era stato spogliato per l’esecuzione. Un mucchietto di stracci, ormai "res nullius", visto che al crocifisso non sarebbero più serviti. D'altro canto a Gesù era toccato in sorte di ereditare la terra. Lui, Dio figlio di Dio, si era fatto uomo, aveva calcato con i suoi piedi la terra ed era entrato nel tempo per la salvezza dell’umanità. Gli ebrei avevano assistito indifferenti, pensando alle sorti della loro grande nazione, che aveva stretto un patto con Dio stesso, tramite Mosè e conquistata una condizione di preminenza rispetto ad ogni altro popolo, cosa per cui non riconoscevano nel nuovo venuto le stigmate della divinità. Quello di Gesù era un Dio diverso da quello di Mosè.
Da un minimo ad un massimo ecco tre modi di intendere la sorte, dal latino "sors-sortis, sortem", che proviene dalla voce verbale "serere", che vuol dire annodare. Qui sorge il primo quesito: è possibile scrutare la sorte, tentare di indovinare ciò che il destino ci ha riservato? Come no! Allora gli indovini niente sono? Loro sono in possesso di un potere che fora le nebbie del futuro e li mette in condizione di vedere oltre, attuando sortilegi. Secondo problema: è vero che contro la sorte niente può la volontà degli uomini? Qui è il caso di dire che esistono almeno due scuole di pensiero; la prima conferma l’assunto: la sorte è immutabile, imprescindibile e non conoscibile a priori. La seconda afferma il contrario: il fato, la sorte non esistono e ciascuno è arbitro e responsabile del proprio destino.
La verità, se c‘è, è come al solito a metà strada. Varie teorie religiose vanno nel senso della seconda ipotesi: non esiste la preordinazione degli eventi, come la predestinazione tutto accade per volere di Dio, che lascia agli uomini la facoltà di scegliere tra il bene e il male, con la attribuzione del c.d. "libero arbitrio". Ma noi vediamo che esistono casi in cui ciò che accade è assolutamente inevitabile e ai nostri occhi del tutto gratuito ed inaccettabile, come quando accadono immani tragedie o disgrazie singole, senza alcuna giustificazione. Sono questi i casi in cui il credente si chiede "dov'era Dio in quel momento?" ed il non credente, materialisticamente, annette l'evento ad un determinismo incontrollabile dalle nostre facoltà.
E' d'altro canto innegabile che la volontà umana in alcuni casi, può "determinare" la sorte, nel senso che può agire nel verso giusto per ottenere un buon risultato da ogni impresa.
Una sorte analoga tocca ad una parola che è sulla bocca di tutti come invocazione: "fortuna", dal latino "fors, fortis", voce verbale di "ferre" (1), "portare", ma in questo caso si tratta di sorte favorevole. Benigna.
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(1) Uno dei verbi più irregolari che io conosca. Ricordate? Dalla scuola: fero fers, tuli, latum, ferre. Dal latino "latum", part.pass. di ferre, "portato", passivo, si arriva all’italiano "latore", attivo, "che porta" (fortuna, notizie).
Chiesa adibita a parcheggio, Bologna 2018 |
Da un minimo ad un massimo ecco tre modi di intendere la sorte, dal latino "sors-sortis, sortem", che proviene dalla voce verbale "serere", che vuol dire annodare. Qui sorge il primo quesito: è possibile scrutare la sorte, tentare di indovinare ciò che il destino ci ha riservato? Come no! Allora gli indovini niente sono? Loro sono in possesso di un potere che fora le nebbie del futuro e li mette in condizione di vedere oltre, attuando sortilegi. Secondo problema: è vero che contro la sorte niente può la volontà degli uomini? Qui è il caso di dire che esistono almeno due scuole di pensiero; la prima conferma l’assunto: la sorte è immutabile, imprescindibile e non conoscibile a priori. La seconda afferma il contrario: il fato, la sorte non esistono e ciascuno è arbitro e responsabile del proprio destino.
La verità, se c‘è, è come al solito a metà strada. Varie teorie religiose vanno nel senso della seconda ipotesi: non esiste la preordinazione degli eventi, come la predestinazione tutto accade per volere di Dio, che lascia agli uomini la facoltà di scegliere tra il bene e il male, con la attribuzione del c.d. "libero arbitrio". Ma noi vediamo che esistono casi in cui ciò che accade è assolutamente inevitabile e ai nostri occhi del tutto gratuito ed inaccettabile, come quando accadono immani tragedie o disgrazie singole, senza alcuna giustificazione. Sono questi i casi in cui il credente si chiede "dov'era Dio in quel momento?" ed il non credente, materialisticamente, annette l'evento ad un determinismo incontrollabile dalle nostre facoltà.
E' d'altro canto innegabile che la volontà umana in alcuni casi, può "determinare" la sorte, nel senso che può agire nel verso giusto per ottenere un buon risultato da ogni impresa.
Una sorte analoga tocca ad una parola che è sulla bocca di tutti come invocazione: "fortuna", dal latino "fors, fortis", voce verbale di "ferre" (1), "portare", ma in questo caso si tratta di sorte favorevole. Benigna.
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(1) Uno dei verbi più irregolari che io conosca. Ricordate? Dalla scuola: fero fers, tuli, latum, ferre. Dal latino "latum", part.pass. di ferre, "portato", passivo, si arriva all’italiano "latore", attivo, "che porta" (fortuna, notizie).
Ancora una volta debbo lodare lo sguardo dall'alto dell'illustratore di questo blog, che ha interpretato in modo esemplare lo spirito del post, ben oltre il semplice contenuto.
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