GENERE, NUMERO E CASO

"Amico mio, questa volta hai preso un granchio grande come una casa: hai votato cinque stelle o lega, sperando che il governo del cambiamento portasse un qualche cambiamento in tuo favore? Ebbene, presto ti accorgerai di aver sbagliato genere, numero e caso. Senti me: hai quattro soldi? Spendili, sfrusciali, prima che te se li prenda la congiuntura".

Bologna, manifestazione per la strage del 2 agosto - 2013

Questo discorso, sentito a bordo di un mezzo pubblico cittadino, ha risvegliato in me ricordi scolastici per quel "genere, numero e caso" che a quel tempo erano per noi pane quotidiano. Il resto del discorso, no. Tutta roba risaputa, scontata; vedrete che dopo il diluvio nessuno avrà votato per 5s e lega. Ci corceremo le maniche ricominceremo da capo.

Però, intanto, godiamoci un po' questo ricordo scolastico del genere, del numero e del caso, che in questo momento fanno al caso nostro.

Gira gira stiamo sempre a parlare delle stesse cose. Genere è parola che viene direttamente dall'origine di tutte le cose. Ha la stessa radice di "genesi", che vuol dire "inizio". L'abbiamo conosciuta a scuola, dove ci insegnavano che il genere delle parole, dei nomi, delle persone, degli animali, delle cose era l'insieme di una serie di caratteristiche che rendeva possibile accomunare, nel senso di riconoscibili, distinguibili, determinate categorie di quelle stesse cose. Il genere vivente rispetto a quello che non ha una vita. Il genere maschile e quello femminile. Non voglio andare oltre, per non incasinarvi la testa: di specie, razza, sesso, in relazione col genere, parleremo un'altra volta.

Tutta colpa del latino. Una lingua della quale capivamo ben poco, ma di cui dovevamo conoscere le varie declinazioni dei vocaboli e la coniugazione dei verbi e fare l'analisi logica del discorso, con la famosa triade del genere, numero e caso. Senza apprezzarne la bellezza. La nozione piuttosto che l'informazione. Ci fermavamo all'aspetto esteriore e quando dovevamo dire a qualcuno che di una certa cosa non aveva capito niente, dicevamo hai sbagliato genere, numero e caso. Per dire tutto.

Dovevamo sapere che la morfologia della lingua latina conosceva tre generi, maschile, femminile e neutro, mentre noi solo due, maschile e femminile. Il numero, singolare o plurale, era comune ad entrambe, il caso (nominativo, genitivo, accusativo, ecc.), era una prerogativa della lingua latina che non abbiamo ereditato.

All'Università abbiamo appreso che nel diritto romano il "praetor" era investito di un potere decisionale sulle cause, che andava anche oltre quanto espressamente sancito dalla legge, di modo per cui, quando si trovava di fronte ad un caso nuovo, prima creava la legge ad hoc e poi la applicava. Per converso, però, "de minimis non curat praetor", delle cose minime non si occupava per niente. Le cose di poco conto venivano lasciate al buon senso dei cittadini (che non dovevano per ciò stesso rompere i cabasisi).

Oggi avviene che cose di importanza capitale, come formare un governo, vengano messe nella mani di masse di cittadini ignoranti che votano a cazzo, mentre per una multa al motorino del ragazzo, c'è un giudice di pace.

Non accusatemi di essere un reazionario perché rilevo contraddizioni di un modello imperfetto di democrazia. Tutto è perfettibile, basta trovare il modo, per esempio non indottrinare la masse con operazioni di tipo populistico, ma far crescere il livello culturale della nazione.

Ma, per tornare ai minimi, voi lo sapete, che ho la fissa di indagare sul significato delle parole e di ogni cosa mi piace esplorare proprio "de minimis". Delle minuzie. Direte gli piace perdere tempo. Sarà, ma è così e non voglio trincerarmi dietro al paradosso del micromondo che conterrebbe "in nuce" le stesse cose del macromondo. A me di questo frega niente.

Ma di che "genere" di minuzie parliamo? Qui questa volta ho tirato fuori una parola che deve far riflettere. Questa parola, "genere", si presta ad una molteplicità di usi e di significati, mentre in sé e per sé è una parola comunissima e dal senso generalissimo. "Genere" e il suo avverbio "generalmente", che vuol dire "nella maggior parte dei casi", a volte si confondono con "generico" e "genericamente", ma non sono la stessa cosa .

Del genere, in senso generale, si può parlare all'infinito e riempire diverse pagine di una buona enciclopedia a cominciare dall'origine latina "genus" che ha una pluralità di significati, riconducibili ai concetti di "origine", "generare", "stirpe", "genia".

Ma io non sono Ulisse e voi non siete un equipaggio votato a tutto, noi non annegheremo in questo mare tempestoso. Accontentiamoci del significato generico (1) del linguaggio comune, come quando si dice: "ma che genere (o razza) di uomo sei che non ami le cose belle?", "ma di che genere di letteratura parli?", "ogni genere di linguaggio è buono per dire cose giuste", "Da Bruno, Generi Alimentari", "generi di consumo, voluttuari non ti interessano?".



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(1) Mi dispiace contraddirmi, ma credo che sia inevitabile: qui "generico" sta per "approssimativo", mentre credo di aver detto sopra che questa parola ha una vocazione assolutamente specialistica rifacendosi a "specie".

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