FAMA - FAMIGERATO

La fama si grida. Trascende il comune parlare. Deriva pur sempre dal "phari" latino, cioè "dire", ma va oltre di per sé. La fama, una volta acquisita, vola, supera muri e steccati, confini, angustie e corre per il mondo. E' la fama del personaggio famoso, di colui che si impone per un'arte, una scienza, un'attitudine particolare che lo pone al di sopra di altri nella considerazione generale. Nel campo dello spettacolo, dello sport, della politica.

Gay Pride, Bologna 2012

Attenzione, però, perché la fama può essere buona o cattiva: notate la contraddizione intrinseca in una espressione come, per esempio, "gode di una pessima fama" – gode? Una pessima fama può dare anche lustro?

Questa contraddizione non è poi tanto peregrina, viene da lontano. Originariamente la parola "famigerato" che ora interpretiamo come il peggio dei peggi, appunto, era semplicemente un sinonimo di "famoso". Entrambi derivano da "phari" (dire) e nel secondo l'aggiunta di "geratus" participio passato di "gerere" (portare, gestire) significava appunto che la persona di cui si trattava era portatrice di una nomea, che poteva essere sia buona sia cattiva. Questo ancora prima dell'ottocento. Successivamente la fama del famigerato si è piegata poco alla volta verso il basso ed infine si è giunti al significato attuale, di assoluta negatività.

Non è tanto raro trovare casi di contraddizioni in termini nel nostro modo di parlare, come per esempio, quando usiamo impropriamente la parola "mostro". Mostro è un epiteto riservato ai pochi che, ai nostri occhi, danno l'idea del male assoluto, ma poi, singolarmente, lo ritroviamo usato in senso inverso, come un apprezzamento, come nello strano caso del "mostro di bravura". Lo stesso avviene con una "intelligenza bestiale", che ricorda da vicino il "Sig. dott. Belva Umana" di Fantozzi-Villaggio.

Evidentemente la mostruosità esprime meglio del suo contrario (la normalità?) il senso di assolutezza che si vuole dare all'espressione.

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