INCARTAPECORIRSI

Incartapecorirsi si dice un po' di tutto quello che con il tempo assume un aspetto, un colore ed una forma di cartapecora: rinsecchito, giallognolo, spiegazzato. Sembra la fotografia di un vecchio che se ne sta abbandonato, per conto suo in un cantuccio, avvizzito, fragile, inutile. Ripiegato su se stesso.

Tutti sanno cos'è la cartapecora, ma non so quanti sappiano che è la stessa cosa della pergamena e nessuno, immagino, ha una spiegazione plausibile per il diverso uso che si fa dei due termini, in ragione dei loro nomi, per cui per es. avviene che si usa "cartapecora" per dire dei difetti che questo mezzo ha e "pergamena" per vantarne i pregi. Quello che noi oggi chiamiamo il supporto cartaceo sul quale tracciamo segni intelligibili, un tempo era costituito da pelle di pecora conciata in forma di foglio, su cui si poteva scrivere. A quel foglio primitivo abbiamo dato il nome di cartapecora, anche se la carta ancora non esisteva e abbiamo pensato ad una sua versione più nobile della stessa cosa, chiamandola pergamena, sulla quale sono conservati i più antichi testi del sapere umano. Il nome "cartapecora" denuncia chiaramente la sua origine umile e già nel nome contiene quelli che, rispetto al fine per cui era prodotta, possono ritenersi i suoi difetti, una certa rigidità, la secchezza, la facilità di rompersi.

Dalla mostra "Bologna fotografata" - 2017

Quando invece diciamo "pergamena", pensiamo a qualcosa di pregiato, di nobile che si usa solo in casi particolari. E' per questo che, parlando figurativamente del fenomeno dell'invecchiamento di tutte le cose, si dice incartapecorirsi per intendere che la cosa diventa secca ed avvizzita come una cartapecora, ma non pensiamo affatto alla pergamena. Questo concetto del divenire delle cose di questo mondo, che conoscono varie fasi di un arco che comincia in salita, vede un periodo di massimo splendore al centro ed inevitabilmente tramonta, che assimila questa ultima fase alla cartapecora, come simbolo del decadimento, è antico ed ha avuto usi svariati anche da parte di personalità illustri.

"In questa vita, qualche cosa si incartapecorisce o il cuore, o il cervello". Questo era il parere di Giosuè Carducci, rilevando il fenomeno dell'inaridimento che si verifica ad un certo punto della vita in alcuni uomini delle due principali facoltà che sono date agli umani e consistono nella forza delle idee e nella profondità dei sentimenti . E non è confortante, né condiscendente, sia in un caso che nell'altro. Siamo abituati a concepire la vita come un continuo divenire. Il divenire comporta il cambiamento e questo è rinnovamento, trasformazione, non necessariamente in peggio.

Ieri sera, al consueto spettacolo serale in tv, era in onda Piazza Pulita, si discuteva sulla possibilità di cambiare parere, di riciclarsi, di adeguarsi a mutate situazioni. In mezzo a tanta cartapecora del politichese vaniloquente, di colpo, si è aperto un varco e si è respirata aria nuova. L'attore Stefano Massimi, ci ha consegnato una pergamena di grande splendore. In poche parole di una semplicità disarmante, ci ha ricordato alcune verità essenziali, chi siamo, come ci trasformiamo e come ci tramandiamo. Con l'apologo della bambina e della bambola viaggiante, attribuito a Kafka, con la testimonianza diretta dell'ultima fidanzata dello scrittore, Massimi ci ha illuminato su quanto sia biologicamente impossibile non cambiare giorno per giorno, fino a poter essere irriconoscibili a noi stessi, per via del rinnovamento continuo delle nostre cellule e alla fine del processo, invece, ripresentarci sotto mutate spoglie e in uno sberleffo finale, poter dire "e chi se ne frega se non ci riconosciamo".

Qualunque cambiamento è meglio dell'incartapecorirsi, il mummificarsi, sia della mente che dei sentimenti. Allo specchio, al mattino, dice il narrante, non dovremmo salutarci con il solito "buongiorno", ma con un nuovo "benvenuto", perché quello che abbiamo davanti a noi, ogni giorno è un uomo nuovo ed è questo che conta; l'uomo di ieri, quello che siamo stati nel passato, non conta già più.

"Ricordati che tutto quello che ami di più nella vita, lo perderai, ma continuamente ti si ripresenterà sotto altre forme". Questo il grande auspicio. O desiderio.

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