CONVENIENZA

In cerca di uno spunto per la parola "convenienza", suggeritami da Lucio, ho digitato erroneamente "conenienza" su Google e, con mia sorpresa, ho trovato diversi casi in cui le parole "conenienza", "coneniente", sono usate come esistenti, senza però una qualche differenza di significato rispetto alla "convenienza", oggetto della mia ricerca.

Bologna, 2012

Ho pensato che si trattasse di refusi, ma poi ho constatato che, se così fosse, di refusi ce ne sarebbero molti, anche su testi molto antichi, cosa per cui, in assenza di altre spiegazioni, non mi resta che ritenere che si tratti della stessa parola con una grafia, magari arcaica, leggermente differente, come avviene per tanti altri termini. Strano però che presso prestigiosi vocabolari, a cominciare dal grande dizionario enciclopedico delle lingua italiana, della UTET, in 21 volumi + 2 aggiornamenti, al grande dizionario delle lingua italiana dell'uso di De Mauro, sempre della UTET, in 6 volumi + 2 aggiornamenti, da nessuna parte si faccia cenno di questa particolarità.

Quanto al termine "convenienza", in sé, sembra che non tutti siano d'accordo sulla sua reale concordanza con principi di buona economia e dettami morali, in quanto, secondo alcuni, evocherebbe un sentore di utilitarismo mercantilistico o, a seconda dei casi, di moralismo di bassa lega o addirittura si presterebbe a fornire un'escamotage per sfuggire a determinate regole o sanzioni (es. matrimonio di convenienza) o quando si riduce a mera esteriorità, convenienza come convenzione, che sarebbe, se provato, alquanto "sconveniente". La convenzione, come si sa, è un insieme di regole di comportamento dettate dall'uso, che si sono consolidate all'interno della società per intrattenere le relazioni interpersonali. Il sentire comune che "conviene" su alcune cose ritenute indispensabili.

La parola convenienza proviene dal latino "convenientia", derivato da "cum - venire", cioè "venire con2, che vuol dire convergere in uno stesso luogo e, figurativamente, concordare sulle idee di altri, ma poi questo avvicinamento inteso come corrispondenza (anche "di amorosi sensi"), ha significato molte altre cose, applicandosi soprattutto al concetto di utilità, come possibilità di conseguire un vantaggio ("mi conviene farmi raccomandare per un concorso"). Una cosa è conveniente se è utile, se costa poco, se si adatta esattamente a quello per cui serve. E' altrettanto conveniente se, forzando un po' le regole, mi arreca un vantaggio.

Un aspetto singolare del termine è dato poi dal suo scivolamento verso il senso del rispettoso, contegnoso, dignitoso, dove il conveniente diventa convenevole ("per la festa conviene mettere il vestito buono") o anche moralistico ("al bambino buono si conviene non dire parolacce").

Diverso è il convenire come obbligo morale di condotta "qui si convien tener altro viaggio per altra via e più non dimandar").

Tornando a quanto detto in premessa, a me sembra che al termine convenienza, in sé nobile per l'alto tornaconto dell'agire retto, si siano via via attaccate altre etichette che ne hanno di volta in volta svilito il significato fino a renderlo poco digeribile ("faccio questo per mera convenienza", "è un tipo discutibile, ma mi conviene tenermelo buono", "chissà che non convenga chiudere un occhio", "alla fine si vedrà a chi è convenuto", "non sempre ciò che è utile conviene", "a volte conviene il futile", "non rimane che attaccarsi alla convenienza di questo atto odioso", "non tutti i mali vengono per nuocere, quindi, per convenzione, convengono").

Commenti