RISENTIMENTO

Bene ha fatto Papa Francesco a ricordare che litigare non è peccato, non è un male, anzi è un momento di verità, può servire a chiarire bene le proprie idee e quelle che ci vengono opposte dal contendente. E' un invito a non tener dentro le cose, specie se spiacevoli. Ad essere sinceri, a non aver paura di ferire la sensibilità altrui con l'intento sbagliato di mantenere la pace ad ogni costo. Non bisogna temere le conseguenze di un agire retto, se siamo convinti di essere nel giusto. A volte litigare è l'occasione buona per non lasciare marcire sentimenti di insoddisfazione e di rivalsa, che si portano dentro per non aver chiarito la propria posizione.

Fregio (S. Stefano di Sessanio AQ) - 2012

Se si parla chiaro, non resta spazio per i fraintendimenti e quindi per il risentimento, la collera, quel nodo che rimane dentro e cova sordamente. Invece, serbare rancore è peccato. Rimanere con la netta sensazione di qualcosa di inconcluso, lasciare la porta aperta per ulteriori scontri, inevitabili, quando nell'animo non si è fatta pulizia. Dopo una bella litigata, se ci si è capiti, si rinnova l'amicizia, si rafforza la stima, si rinsaldano i rapporti. Ché se invece rimangono zone di ombra, di incomprensione, di cose non dette, allora il risentimento impedisce che si raggiungano esiti positivi in ogni contesa o discussione. A noi, da un punto di vista laico, più che di peccato che è un concetto della sfera religiosa nella quale si muove il Papa, piace parlare di rapporti civili e lealtà nei comportamenti, senza riserve mentali e ipocrisie. Ma è un bene che il Papa si esprima in maniera così schietta, da non lasciare alcun dubbio nelle coscienze sul comportamento da seguire, invece di cercare una pace provvisoria per il mantenimento dello status quo, quando si sa che la partita non è chiusa, perché il punto che ci divide non è stato superato.

Il risentimento è uno stato di irritazione per un torto subito, che non viene dimenticato e ritorna continuamente alla mente come un tarlo. Precede la collera, rispetto a cui ha un effetto più insinuante, più subdolo e perdurante, come un piccolo fuoco tenuto sempre acceso sotto la cenere, ma pronto a tornare vivo e ardente alla prima occasione, cioè quando subentra la collera. La collera, da parte sua, ha la maggiore violenza con la quale si manifesta; ma poi, può anche dissolversi in poco tempo. Può provocare un danno di dimensioni variabili, nell'immediato. Il risentimento può non procurare un danno emergente subito, ma si presta a ripicche, ritorsioni e vari tipi di vendette che si possono manifestare anche a notevole distanza di tempo, per cui le conseguenze possono essere ancora più gravi che non nel caso precedente.

Ben altra cosa è il rimorso che interviene quando abbiamo commesso un atto contrario alla nostra morale laica o religiosa a seconda dei casi, oppure abbiamo omesso di fare quanto la morale ci chiedeva di fare. Il rimorso in questi casi opera come una tenia che ci divora dentro. Per gli uni è pentimento che si toglie con la penitenza, per gli altri ripensamento. In entrambi i casi vien da dire che siamo davanti ad un ravvedimento operoso.

Se c'è risentimento, il rimorso non è ancora intervenuto. Se è arrivato il rimorso, vuol dire che il risentimento è stato superato. Ed allora si va in cerca di una composizione della lite originaria. Il che vuol dire che si deve fare  adesso quello che si sarebbe dovuto fare in principio, parlare a chiare lettere.

P.S. Risentimento si chiama anche lo strascico di un dolore fisico, che si riacutizza in determinate situazioni (es.: ad ogni cambio di stagione Tizio ha un risentimento del dolore alla spalla di origine traumatica).

Commenti

  1. La stessa immagine del 'fregio'veniva apposta sulle fiale contenenti sostanze velenose.

    Forse un richiamo al veleno di certe diatribe di risentimenti mai placati.

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