FARNETICARE

La persona che farnetica è quella che dice cose senza senso, o perché febbricitante, e allora passi, o per stoltezza ed ignoranza e allora la cosa è grave. Perché in questi casi è meglio tacere.

Sono in molti oggi a farneticare, abbaiare alla luna, dire cose farraginose (dal lat. "farrago", der. da "far", "farro"). La farragine, in senso proprio, era un miscuglio di erbe che si dava in pasto agli animali , passato a significare, in senso figurato, un'accozzaglia di cose insensate, un mucchio di sciocchezze. Ne abbiamo sentite a profusione in questa sciagurata campagna elettorale, alla quale sembra che tutti partecipino per gioco, mentre la maggioranza degli elettori, sta a guardare, esterrefatta. Molte ne sentiremo ancora, prima del 4 marzo, data fatidica delle elezioni politiche più incerte della recente storia nazionale. Non si è parlato di politica, in tutta la campagna, ma è stato un continuo rimbeccarsi l'un l'altro e tante belle parole, ma, come si suol dire, "sotto il vestito nulla". Vecchie volpi ed ingenui neofiti, si arrabattano a fare promesse che non saranno mai mantenute, non tanto perché, tra il dire e il fare c'è pur sempre di mezzo il mare, ma più ancora perché gli stessi che promettono sanno che, in caso di vittoria, non avranno mai i mezzi per realizzare le cose fatte balenare dinanzi agli occhi dei disarmati elettori, come specchietti per le allodole.

Opera esposta al MART di Rovereto (2017)

Tra una sinistra che si frammenta su questioni ideali, spacciate come irrinunciabili, così votandosi ad una sicura sconfitta, una destra, unita sulla questione molto concreta di prendere comunque il potere, ben sapendo di non essere d'accordo su nulla, ma tanto poi si vedrà! E l'ingenua ipocrisia del movimento 5 Stelle, che avendo perso la verginità primigenia, si trova a mezza strada tra i sogni ad occhi aperti dell'utopia grillina e la realtà ad occhi chiusi di un movimento diventato partito, cioè tra una spinta ideale abbastanza genuina e la tentazione di cedere alla pragmaticità della politica, esiste un abisso incolmabile di vacuità, difficilmente colmabile a così breve termine.

Il declino della nostra politica, con la perdita dei valori fondanti della democrazia, iniziata con Craxi e tangentopoli, sulle cui ceneri si fondarono le pseudo fortune politiche di Silvio Berlusconi, maestro dell'uso distorto delle nostre conquiste democratiche, raccolte in eredità e sperperate da Matteo Renzi, sembra inarrestabile per l'insorgere di un populismo fatto di malcontento generalizzato, senza oggetto, alimentato ad arte e rilanciato da mestatori e rivoluzionari alla Masaniello. Sono bel lontani i tempi della grande speranza alimentata da Enrico Berlinguer, l'ultimo comunista vero e primo riformista in assoluto, che sollevò per primo il problema etico e con il suo disegno di un Compromesso Storico da stringere per il bene della nazione, fra le due più grandi componenti democratiche della nostra società, quella agnostica e comunista e quella cristiano-cattolica, lanciò una sfida a tutta la comunità. Sfida che fu raccolta da un altro grande, Aldo Moro, lo statista democristiano dalle idee più aperte, che come il primo, era propenso al superamento delle barricate per una politica costruttiva. Sogno bruscamente interrotto dall'incursione in campo politico, della non politica della violenza terrorista, mediante il braccio armato delle Brigate Rosse ed il complice, celato contributo di chi non voleva che in Italia si realizzasse un progetto così ambizioso, che avrebbe potuto portare molto lontano.

Quelli erano giganti della politica, nei cui confronti i Salvini, Di Maio, Renzo e Berlusconi con i quali abbiamo a che fare oggi, appaiono come inqualificabili incursori. Quella era Politica con la P maiuscola, contro la quale nessuno poteva sproloquiare, farneticare, per restare in tema. E risulta anche fondato il discredito odierno per questa nobile arte, non più esercizio di animi nobili, ma palestra di salti e capriole di nani e ballerine su un palcoscenico da avanspettacolo. Ma parlarne male non giova. Andremo a votare comunque e per quello in cui crediamo e che vinca il meno peggio.

Indi trarrem gli auspici.

Commenti

  1. Bella la foto. Fosse mia l'opera, la chiamerei 'la ceppaia', mi sembra un titolo adatto al tema.

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