NEOFITA


Benvenuti nel regno dei neofiti. Siamo tutti neofiti, chi in una cosa, chi in un 'altra. C'è chi scopre la divinazione, c'è chi si convince (da 'con' più 'vincere', vincere insieme), dell'inanità di tutte le cose. C'è chi dice per la prima volta basta! Voglio cambiare, da oggi sarò un altro uomo.

Mi rendo conto che a forza di etimologie si può rompere l'anima di chi per avventura si trovi a leggere questi miei post, però non resisto alla tentazione e vi propino quindi anche questa, che a me sembra interessante per quello che dirò in seguito a proposito del neofita.

La parola proviene dal gergo ecclesiale, o ecclesiastico, come preferite.

Dal greco 'neòfutos', composto da 'nèos' nuovo e 'phytòs', nato, il termine significa 'nuovo nato' ed era dato, agli albori del cristianesimo, ai nuovi adepti, al momento del Battesimo, atto col quale si veniva ammessi fra i credenti di quella fede.

Altra cosa erano i catecumeni (dal greco 'cetecumènos', colui che viene istruito), i quali erano quelli che si preparavano per essere ammessi al Battesimo.

La parola era troppo bella per lasciarsela scappare ed allora ecco che il 'nuovo nato', colui che è rinato dopo il lavacro del sacramento del battesimo, per iniziare una nuova vita, dal suo significato originario, di derivazione ecclesiale, viene trasferito, sic et simpliciter, al mondo laico, per indicare chi si trova ad abbracciare una nuova ideologia, una corrente, un partito, o anche una nuova fede (nel qual caso si cade nel peccato di apostasia, se si abbandona quella vecchia).

Ora c'è da dire, ma tutti lo sanno, che il neofita si distingue per un particolare zelo che pone nell'adempimento dei suoi nuovi compiti, perché è animato da un entusiasmo che solo i 'nuovi' possono provare.

I vecchi volponi stanno a guardare e sorridono nel vedere tanto mettersi in mostra, da parte del neofita, che in ogni atto della sua vita deve far risultare e risaltare la sua nuova condizione di adepto, che per il fatto di essere 'convertito', si ritiene un illuminato, più di altri che da tempo militano nella stessa compagnia, ma hanno perduto quel dono speciale consistente appunto nell'entusiasmo del nuovo arrivato, pur avendo maturato maggiori esperienze e forse proprio per questo, più prudenti nell'esprimersi.

Il neofita , senza accorgersene può assumere atteggiamenti di superbia, presunzione, o addirittura arroganza, ma il tutto gli viene perdonato in base alla considerazione che, essendo nuovo, egli è 'giovane' nella sua nuova veste e quindi inesperto, per cui si comporta come un bambino a cui tutto è concesso.

L'eccessivo entusiasmo non è solo infantile dimostrazione di immaturità, ma diventa anche ridicolo. E' una forma di ingenuità (dal latino 'in' più il tema 'gen' di 'gignere', generare, è la semplicità di chi è nato ieri) tipica di uno che crede di avere scoperto un nuovo mondo nel quale vorrebbe ammettere, bontà sua, anche i meno dotati.

Se in un circolo che si autodefinisce culturale o specificamente letterario, gli appartenenti facessero in continuazione professione di amore sviscerato per i libri, in maniera ossessiva e compulsiva, come fosse una loro invenzione, non tenendo conto del saggio adagio (che bello! aggio-agio) 'primum vivere..', non farebbero una buona azione di promozione dell'amore alla cultura, che è un sentimento che viene dopo, con la seconda parte dell'adagio che recita: 'deinde philosophari'.

Intendiamoci, agire in modo da fare crescere negli altri il piacere della lettura è sacrosanto, ma non si raggiunge attraverso il fanatismo dei neofiti, esercitato nelle conventicole, che anzi spesso è controproducente.

Basti ricordare che Cervantes de Saavedra, nel prologo al suo capolavoro, si rivolge al lettore chiamandolo 'decupado lector', che tradotto in tanti modi, sembra proprio voler dire un lettore scanzonato, non un fanatico, che non ha di meglio da fare, da trovare perfino il modo di prestare attenzione alle sue estemporanee divagazioni.

Quanta modestia per l'autore e quanta considerazione per il lettore! La stessa, o quasi, che aveva per 'il cavaliere dalla triste figura', il suo leggendario Don Quixote (o Quijote) de la Mancha.

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