CIARLATANO

E non ve lo do per dieci e non velo do per nove, per otto, per sette, ma ve lo do, cari signori, praticamente in regalo alla misera somma di cinque mila lire del vecchio conio, vale a dire soltanto due euro e 58 centesimi della moneta corrente. Con solo due euro e cinquantotto centesimi, amici miei, voi oggi e solo oggi, vi potete portare a casa, questo splendido capolavoro della scienza e della tecnica, che vi farà risparmiare tempo e denaro e arricchirà la vostra casa di uno strumento indispensabile di cui non riuscirete fare a meno, per molto tempo.

L’arte dell’imbonitore non ha mai goduto di buona fama, perché spesso si è accompagnata al raggiro, all'imbroglio: io non vengo su questa pubblica piazza a raccontar frottole, qui ed ora, care ragazze che andate in cerca d’amore, senza paura di essere sbugiardato da voi, vi posso assicurare che se comprate la lozione dell’eccellentissimo professor Fabella, che io eccezionalmente vi posso offrire, per una somma che può pagare chiunque, ogni donna, ogni ragazza farà innamorare il suo uomo senza ombra di dubbio ed otterrà la massima soddisfazione, bastano poche applicazioni e l’effetto è miracoloso. Già domani si potranno vedere i primi risultati. Gli uomini cadranno ai vostri piedi.

Il ciarlatano è questo e non solo questo, anzi direi che questa è la preistoria del ciarlatano, il primo embrione, nell'evoluzione di questo personaggio, che precede la figura diversa del ciarlatano di oggi. Scomparso quasi del tutto l’imbonitore di piazza, oggi vige un ben diverso tipo di pubblico persuasore, di cui parlerò dopo.

E’ interessante notare, per il momento, l’origine singolare del termine e riflettere sul valore storico dei più antichi ciarlatani, che non erano soltanto degli imbroglioni, ma degli avventurieri non privi di estro e capacità. Quanto all'origine, un paese, Cerreto di Spoleto, sembra che sia il luogo dove esso è nato, per una fortuita combinazione di elementi. Sembra infatti che nei tempi andati, molti degli abitanti di quel paese, esercitassero l’arte dei venditori di piazza, al punto che ogni venditore in giro per l’Italia, venne identificato per via del mestiere che esercitava, con il nome di cerretano, il quale poi, combinato con il verbo ciarlare, cioè parlare, si trasformò in ciarlatano.

Quanto alle caratteristiche di questo personaggio, che ho definito avventuroso, basti ricordare che nel medioevo uomini che percorrevano grandi distanze, con il proprio carretto, carico di cianfrusaglie, tirato da un asino o un cavallo, non erano difficili da trovare e, tenuto conto di come potessero essere chiuse le città a quel tempo, ed insicure le vie di comunicazione, si può ben immaginare che per esercitare un tale mestiere occorressero coraggio, intraprendenza e fantasia spericolata, consistendo l’avventura non solo nei rischi del viaggio da una città all'altra ma soprattutto nell'incognita di cosa potesse accadere in ogni nuova località dove essi si accingessero a vendere la loro mercanzia. Tutto era affidato alla capacità di ognuno di loro, di riuscire subito simpatico, credibile, onesto. Qualità non tutte e non sempre rinvenibili in simili figure che già dall'aspetto hanno sempre ispirato semmai diffidenza.

"Lapide della malelingue" - di Gianfrancesco Nardi (Teramo 1833 - 1903), riproduzione da foto originale (tramite Wikimeedia)

La figura del ciarlatano di piazza è quasi scomparsa, almeno nelle forme e nei modi che abbiamo conosciuto nel tempo, con l’alone romantico dei giramondo di cui si trovano molte categorie come ambulanti, musicanti, guitti, acrobati, fenomeni da baraccone, poeti e cantastorie.

La nostra sensibilità ci porta ad apprezzare di più le cose che sono al tramonto del loro ciclo vitale e un bel film di Giuseppe Tornatore, del 1998, L’Uomo delle Stelle, protagonista Sergio Castellitto, mi sembra possa adombrare bene il senso del tramonto di queste forme di vita di un tempo. Parla di un imbroglione che gira per le vie della Sicilia, vendendo sogni, legati agli occhi ingenui della gente umile di contrade sperdute di periferia, al mito del cinema. Egli infatti, dove si ferma, per svolgere il suo "lavoro", monta un cavalletto con una cinepresa ed invita a fare, a pagamento, provini falsi, persone facilmente illudibili, facendo credere loro alla possibilità di un riscatto da una vita ingrata, quella condotta fino a quel momento, mediante la scoperta di un talento nascosto che egli dichiara di poter valorizzare, facendo esaminare i provini a personalità del cinema di grande rinomanza. Con un finale drammatico, un triste epilogo. Non dissimile se vogliamo dall'amara conclusione di un altro film, La Strada di Federico Fellini, in cui un truce personaggio, girovago ed incantatore, Zampanò, interpretato magistralmente dall'attore americano Anthony Quinn, che sulle piazze si esibiva legato ben bene con catene strettissime, di cui "con la semplice espansione dei muscoli pettorali, ovverosia del petto", si liberava a gran fatica, si riduce a piangere piegato per terra ed ululando come un animale.

Non è scomparsa, anzi si è rafforzata la figura del chiacchierone, così come del linguacciuto, con le caratteristiche proprie dei vecchi imbonitori, senza la minima capacità di emozionare. Il chiacchierone è un logorroico, vanesio, uno che gli piace mettersi in mostra col parlare, convinto che qualunque cosa dica debba essere apprezzata per la sua abilità nell'eloquio. Può essere simpatico, il più delle volte dà fastidio. Con le sue chiacchiere, vende solo fumo. Il linguacciuto è l’impertinente, uno con la lingua lunga, che parla troppo. Noi teramani abbiamo l’esempio di come apprezziamo chi parla e sparla, ricordando il motto dei Melatini "A lo Parlare agi mesura". Il linguacciuto non solo dice cose che non deve dire, ma può anche offendere l’ascoltatore.

Mi viene in mente un termine dialettale, del quale purtroppo non esiste il corrispondente nella lingua nazionale, che è fafficcione, che ben si addirebbe a varie personalità della vita pubblica e privata. Pasticcione è quello che più vi si avvicina, ma non dice tutto del fafficcione, che è il tizio che vuole interessarsi di tutto, ma non ha la capacità di portare a compimento niente, l’arraffone, colui che arronza tutto quello che tocca, che si dà da fare, sgomitando, intrufolandosi dove non dovrebbe e facendo cose in modo maldestro ed inconcludente, in ogni campo che non sia di sua competenza (ammesso che ve ne sia uno).

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